Nemmeno il tempo di “gioire”, per il prolungamento fino al 3 agosto del cessate-il-fuoco tra Governo colombiano ed Esercito di liberazione nazionale (Eln), e per la decisione del gruppo guerrigliero di porre fine ai sequestri di persona come pratica di finanziamento; subito, l’accordo mostra la sua fragilità nei territori più periferici della Colombia, con la decisione dell’Eln di avviare, da sabato scorso, un “paro armado indefinido”, cioè uno sciopero armato, una sorta di coprifuoco che interrompe ogni attività, nel dipartimento occidentale del Chocó, e in particolare nella zona del Medio San Juan. La guerriglia afferma di voler attuare lo sciopero come risposta alle azioni di corpi paramilitari. Sullo sfondo, l’annoso problema del controllo del territorio, e dei relativi commerci, leciti e illeciti, in zone dove lo Stato non arriva.
L’allarme arriva da mons. Mario de Jesús Álvarez Gómez, vescovo della diocesi di Istmina-Tadó e amministratore apostolico di Quibdó, che dichiara al Sir: “93 persone di una comunità chiamata Chambacú, sul fiume San Juan, ma del Comune di Sipí, sono sfollate nella comunità di Negría, nel Comune di Istmina. Un altro gruppo di persone della comunità di Doidó, sul fiume San Juan nel comune di Istmina, è stato sfollato a Noanamá, nel comune di Medio San Juan. Sono accompagnati dal parroco locale. Stiamo cercando di trovare qualcuno che ci aiuti a raggiungerli con ulteriori aiuti umanitari. Quello che siamo riusciti a dare loro è insufficiente”.
Il vescovo, che spera di riuscire a portare anche di persona un messaggio di speranza alle popolazioni sfollate, aggiunge in un messaggio audio: “Esprimo la mia forte condanna, per questo sciopero armato, che contraddice la decisione presa dall’Eln lo scorso 6 febbraio. Una premessa di base è che i cittadini possano vivere in un ambiente di serenità”. Mons. Álvarez rivolge anche un appello ai gruppi paramilitari, perché tutti si uniscano “nella ricerca sincera della pace”.
Il fine settimana è stato caratterizzato, in Colombia, da altri gravi fatti di sangue, come l’assassinio, a Santander de Quilichao, nel dipartimento meridionale del Cauca, di Eywar Yamid Morán, guardia indigena, leader sociale e firmatario degli accordi di pace nel 2016. Si tratta del 18° leader sociale ucciso in queste prime settimane dell’anno, secondo l’ong Indepaz. Scene di guerra urbana si sono, invece, verificate a Tuluá (Valle del Cauca), a nord di Cali, dove una banda locale ha ucciso un agente e provocato il massiccio arrivo di corpi dell’Esercito.
Nel frattempo, a Bogota, il Governo prosegue nel suo tentativo di perseguire la cosiddetta “pace totale”, e dopo l’Eln e i primi dissidenti delle ex-Farc, annuncia l’avvio del dialogo anche con il secondo consistente gruppo della dissidenza Farc, la Segunda Marquetalia.