“Tre anni fa, il 1º febbraio 2021, l’esercito del Myanmar ha rovesciato con la forza un governo democraticamente eletto. Le azioni dell’esercito hanno compromesso lo sviluppo democratico del Paese e fatto precipitare il Myanmar in una profonda crisi politica, economica, umanitaria e dei diritti umani, minacciando in modo significativo la stabilità del Paese e della regione. L’Unione europea rinnova la condanna, con la massima fermezza, del colpo di Stato militare e delle sue conseguenze. Ribadiamo la nostra profonda preoccupazione per la continua escalation della violenza e per l’evoluzione verso un conflitto prolungato”. Lo afferma Josep Borrell, Alto rappresentante Ue per la politica estera, in occasione del terzo anniversario del colpo di Stato nel Paese asiatico. “Le azioni repressive dell’esercito del Myanmar, caratterizzate dal ricorso alla violenza indiscriminata nei confronti della popolazione, costituiscono una grave violazione dei diritti umani fondamentali e una palese inosservanza dei principi di giustizia e umanità. Le segnalazioni di atrocità diffuse, tra cui uccisioni extragiudiziali, arresti arbitrari, violenze sessuali e di genere, abusi fisici, torture, persecuzioni nei confronti di difensori dei diritti umani e giornalisti, bombardamenti aerei e bombardamenti di zone abitate, anche se presenti minori, e campi per sfollati interni, illustrano la sistematica campagna di violenza condotta dall’esercito proprio contro quel popolo che sarebbe suo dovere proteggere. Il regime militare ha inoltre represso le libertà di espressione, di riunione e di associazione, che costituiscono i fondamenti della democrazia e della stabilità, e continua a discriminare i rohingya e altre minoranze religiose ed etniche”.
Attualmente in Myanmar si contano oltre 2,6 milioni di sfollati interni, 2,3 milioni dei quali sono vittime di sfollamenti forzati dal 1º febbraio 2021. Più di 70.000 persone sono fuggite nei Paesi vicini come rifugiati, mentre oltre un milione di rifugiati rohingya si trovano ancora in Bangladesh dopo essere stati espulsi dall’esercito del Myanmar. “L’esercito del Myanmar continua a ostacolare qualsiasi partecipazione a un dialogo inclusivo con tutti i pertinenti portatori di interessi. Per uscire dal conflitto prolungato e aprire la strada a un processo democratico significativo che rispecchi la volontà del popolo del Myanmar la via è una sola: porre fine alla violenza, liberare tutti i prigionieri detenuti arbitrariamente, rispettare i diritti umani e instaurare un dialogo con tutti i portatori di interessi”.
L’Ue “ribadisce il suo invito a intensificare l’azione preventiva internazionale, incluso un embargo sulle armi che ponga fine alla vendita e al trasferimento di armi e attrezzature, in quanto favoriscono le atrocità commesse dall’esercito. L’Ue incoraggia le Nazioni Unite a svolgere un ruolo attivo, in particolare attraverso la nomina di un inviato speciale delle Nazioni Unite per il Myanmar”.