“Sperare da soli e solo per sé stessi è illusione, insieme sì che possiamo sperare di vivere quei beni che fanno respirare l’anima: la fraternità e la solidarietà armi evangeliche per combattere ogni solitudine mortificante”. Lo ha detto l’arcivescovo di Reggio Calabria-Bova, mons. Fortunato Morrone domenica sera nell’omelia per l’apertura del giubileo in diocesi aggiungendo che in questo Anno Santo “possiamo riconoscere con gioiosa gratitudine che ‘molteplici segni di speranza’ hanno assunto il volto di uomini e di donne che ‘hanno testimoniato la presenza di Dio’ nella nostra arcidiocesi ieri come anche oggi”. Tra i testimoni della speranza il presule reggino ricorda l’arcivescovo mons. Giovanni Ferro che ha guidato la diocesi dal 1950 al 1977: “la sua mite e coraggiosa carità pastorale ha infuso consolante speranza in tutti coloro che lo hanno conosciuto e incontrato. La sua spirituale presenza è ancora viva e indelebile nel cuore dei fedeli. In quest’anno giubilare desideriamo chiedere al Signore la grazia e la gioia di vederlo annoverato nella moltitudine dei santi”. “I Testimoni della speranza cristiana – ha detto mons. Morrone – con il loro agire credente hanno in realtà operato quello che l’Anno Santo ci propone: mettere in atto la giustizia, ‘misura minima della carità’ (Paolo VI, Discorso ai campesinos 23.8.68) che rende la paterna giustizia di Dio gustabile da tutti, anche nei concreti termini che il ‘diritto alla terra’, si espliciti nella possibilità che ciascuno, a qualsiasi popolo, cultura e religione appartenga possa ripartire con le stesse possibilità e condizioni di vita umana, proprio quello che il Padre desidera per tutti”. Per i cristiani “la speranza – ha spiegato il presule – “non è semplicemente un sentire umano, o soltanto il sostegno indispensabile della nostra ragione che spinge l’esistenza verso una realtà futura che deve soddisfare il cuore nella ricerca del di più. Essa non è la ricerca di un oltre irraggiungibile, che si trasforma in miraggio utopico, di un’isola che non c’è, che, più che slancio verso il futuro, costringe l’esistenza a rintanarsi in un passato ormai scomparso, oggi diciamo esposto in un museo”. Il pellegrinaggio, per la diocesi è iniziato proprio con processione dalla chiesa di sant’Agostino verso la Cattedrale, “nel nome di Cristo e dietro a Lui, via che conduce al Padre, verità che ci fa liberi, vita che sconfigge ogni morte che abbruttisce la nostra umanità”. Il pellegrinaggio è “il segno del cammino di speranza che mette visibilmente insieme i membri del Popolo di Dio pellegrinante dietro la Croce di Cristo, perché attratti dall’Alto del suo Amore crocifisso. Mettersi in cammino in quest’anno giubilare implica un pellegrinaggio interiore, fidandoci di Colui che ci ha chiesto di seguirlo passando per la porta stretta della sua umanità che chiede continua conversione del cuore e della vita, avendo fisso lo sguardo su Gesù volto misericordioso e benevolo del Padre”.