“Cos’è che ci ha riuniti sotto queste volte, a quest’ora insolita della notte? Accanto a un po’ di nostalgia per sentimenti che ci riportano all’infanzia e agli affetti che ci hanno cresciuti… c’è forse un’attesa più profonda; c’è il desiderio di ritrovare un significato, un’identità culturale e spirituale con cui abitare questo nostro tempo”. Lo ha affermato mons. Ivan Maffeis, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, durante la celebrazione eucaristica nella notte di Natale.
“Poco più di un paio di settimane fa – era la vigilia dell’Immacolata – siamo stati testimoni della restituzione della cattedrale di Notre-Dame, restaurata in maniera splendida grazie a donazioni giunte da tutti il mondo, dopo l’impressionante incendio che l’aveva devastata”, ha ricordato il presule, secondo cui “quel rogo, per molti versi, è apparso come la metafora di una società e, forse, anche di una Chiesa che hanno bruciato i propri punti di riferimento, a partire da quello che l’esperienza cristiana ha significato per la storia del nostro Continente in termini di spiritualità e di cultura, di arte e di promozione umana”. “Su questo sfondo, l’inaugurazione di Notre-Dame ha calamitato l’attenzione di tutti non solo per la bellezza dell’edificio, ma anche e soprattutto per quella proposta di senso a cui rimanda, alternativa al vuoto sul quale la nostra vita rischia di sporgersi; ha lasciato intuire l’umile forza della preghiera e della fede, senza le quali anche il monumento più importante resterebbe soltanto una celebrazione di pietre, un museo di glorie del passato”, ha continuato mons. Maffeis. Che, riferendosi al Natale, ha poi osservato: “Sentiamo la necessità – per non arrenderci a un mondo rinchiuso nel conflitto – di lasciarci avvolgere e scaldare il cuore da una ‘luce che brilla nelle tenebre’ di questo mondo”. “Ci dà speranza l’annuncio che Dio non è rimasto l’Irraggiungibile, l’Inaccessibile, l’Onnipotente: nella piccolezza e nella fragilità di un Bambino, ha abbattuto ogni distanza, si è abbassato fino a farsi uno di noi”, ha continuato l’arcivescovo, evidenziando che “per incontrarlo occorre rimettersi in cammino, come i pastori; occorre, come i Magi, giocare la propria libertà in una ricerca che coinvolge tutta la vita e la restituisce a verità”. “Le nostre cattedrali – ha rilevato – sono il simbolo di un’Europa cristiana, che non si ferma al Medioevo, ma supera i secoli e giunge fino a noi: ‘Oggi è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore’”. “In questa Notte Santa lasciamoci raggiungere dalla sua presenza, che – direbbe Sant’Agostino – ci è più intima di quanto noi lo siamo a noi stessi; così prossima da rivestire il volto del fratello, che chiede rispetto, accoglienza e disponibilità; così luminosa da ridare fiducia al cuore di ciascuno e consentirci di ritrovare lo splendore di quella cattedrale che siamo”, ha concluso.