“Il Natale del Signore è l’ostinazione di Dio che ancora una volta ci vuole uomini e donne di speranza; un invito a ritentare anche quando c’è attorno a noi oscurità e tutto sembra parlare di debolezza. Anzi, è proprio il Natale di Gesù a fare sintesi della fragilità: una coppia di genitori che non sanno dove sistemare il loro bambino; una piccola creatura indifesa e perseguitata appena venuto al mondo; il corteo di pastori emarginati e impauriti che lo ossequiano… Eppure, questo piccolo seme è divenuto un albero gigantesco dove troviamo riparo (Mc 4,30-32)”. Lo ha scritto mons. Roberto Carboni, arcivescovo di Oristano e vescovo di Ales-Terralba, nel messaggio alle diocesi per le festività natalizie.
“Da tempo – osserva il presule – siamo ostaggi di parole dure come pietre e acuminate come coltelli, di violenza quotidiana riproposta infinite volte dai mezzi di comunicazione, amplificata, scrutata da ogni parte e che penetra nel nostro cuore e nella nostra mente come una radice insidiosa, capace di frantumare la roccia. Distruzione, morte, feriti, macerie, pianto… La crudeltà e ripetitività delle immagini e delle parole, dei pensieri e delle azioni, ci assedia, stendendo una coltre nera che ci impedisce di vedere oltre, spargendo attorno a sé un senso di ineluttabilità: ‘Cosa ci vuoi fare? Il mondo è così…’ ci ripetiamo”, commenta mons. Carboni, ammonendo: “Eppure, il mondo non è solo così… vi è anche altro”. “C’è – spiega – la saggezza e la bellezza della quotidianità fatta di piccole cose; del bene sussurrato, della gentilezza che affiora in semplici gesti, della carità silenziosa ma efficace. È l’abitudine che ci parla di speranza: la madre che accudisce il figlio, il lavoratore che esce presto da casa per portare avanti il suo compito, chi spazza le strade e chi porta i giornali. Scaldare l’acqua, fare il caffè, salutare con un buon giorno, spegnere le luci, ringraziare per le medicine…”. “Da cosa si misura la grandezza di una vita, qual è il segno che ci dice che esiste una speranza?”, domanda l’arcivescovo, notando che “Madelaine Delbrel chiamava le ‘passioni quotidiane’ quella fila serrata in ranghi di occupazioni semplici, banali, ripetitive, che fanno la nostra santità ma senza la nostra gloria; ci danno un martirio senza la palma, ma che tuttavia hanno valore per lo sguardo penetrante di Dio”. “Dentro queste pazienze – rileva mons. Carboni – vi è la speranza e la perseveranza di tanti uomini e donne di bene che non si scoraggiano. Come ha detto qualcuno: ‘La maggior parte delle cose importanti nel mondo sono state compiute da persone che hanno continuato a provare quando sembrava che non ci fosse alcuna speranza’”.
L’arcivescovo conclude evidenziando che “il Natale cristiano, la celebrazione della nascita di Gesù” è “accogliere nelle nostre mani la speranza quotidiana che Dio ci offre e seminarla, in un mondo che spesso si presenta sassoso e pieno di spine. Ma sappiamo che la forza di questo piccolo seme è quello, nonostante tutto, di portare frutto: il trenta, il sessanta e il cento per uno (Mc 4,8)”.