Natale: card. Battaglia (Napoli), sia “senza” e parta “dal nulla con un dono solo, ma più grande di tutti, la speranza”

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

“Ancora Natale, e quale augurio quest’anno? Ci auguriamo sempre di tutto, abbondanza, ricchezza, salute… e ci crediamo pure. Eppure quest’anno vorrei augurare a tutti un Natale al contrario, un Natale ‘senza…’”. Lo scrive l’arcivescovo di Napoli, card. Mimmo Battaglia, nella lettera di Natale alla diocesi. “Un Natale sotto il segno del meno è forse più vero, una specie di magia che ci riporta indietro, indietro nel tempo della nostra vita in un istante preciso – osserva il porporato -: l’istante in cui siamo venuti al mondo, in cui siamo diventati creature, prima eravamo sogni! Neonati senza ricordi, senza il dolore che avremmo poi vissuto o causato, senza le parole dette o ascoltate, senza gli incontri che hanno cambiato nel tempo il corso della nostra storia. Un Natale ‘senza'”.
Un Natale “senza” è “l’unico Natale in cui possiamo scoprirci liberi. Liberi dal dover fare, dal dover sembrare, dal dover dimostrare, liberi dai bisogni che ci siamo costruiti o da quelli che ci hanno imposto. Liberi di abbandonarci ad un altro, all’Altro, ad una madre, ad un padre, ad un figlio, ad un amore, ad una comunità che, in semplicità, si prenda cura di noi, dei nostri bisogni autentici, quelli che ci rendono umani: calore, protezione, attenzione, amore. Liberi come i gigli del campo, come un neonato in una mangiatoia”.
Un Natale “senza” è “un Natale in cui non camuffare la nostra solitudine nell’ubriacatura di una folla, in cui non negare la nostra solitudine dimostrandoci come altri vorrebbero che noi fossimo ma, al contrario, abbracciare quell’unica solitudine che ci permette di essere sempre noi stessi fino in fondo. Quella solitudine in cui ci costruiamo come persone capaci di amore”.
Un Natale “senza” in cui “possiamo scambiarci il perdono. Perdono sotto il nostro albero: per noi stessi innanzitutto, per i nostri sbagli, per la nostra vita che è più grande di ogni errore. Perché la vita non coincide mai con i nostri sbagli né con le sue fratture. È sempre più grande. Perché, come un neonato, noi siamo infinito. Vuol dire che il bene possibile domani vale più del male di ieri”.
Il cardinale augura un Natale “senza” anche a chi non vivrà un Natale: “A voi che avete perso il lavoro o non lo avete mai trovato, a voi che avete perso la casa, che avete perso l’amore, che avete perso la fede. Un Natale ‘senza’ è il Natale che parte dal nulla con un dono solo, ma più grande di tutti: la speranza. Una speranza che è concreta, che è nel miracolo del vostro arrivare a sera, che è nella sacralità di ogni vostra lacrima, di ogni vostro sospiro. Che è nel domani che arriverà comunque, nel vostro esserci a pugni chiusi. Speranza che giace e fiorisce nel buio e nel freddo della vostra disperazione, nel vostro non arrendervi. Nel vostro ostinato restare umani”. È in questo restare umani “il senso del Natale che voglio augurarvi, in quella Umanità essenziale che Dio ha scelto. Rinunciando all’onnipotenza, all’assoluto, all’infinito, ha scelto la nudità, ha scelto il ‘senza’, ha scelto l’umano, l’Umanità. Solo per amore”.
Di qui l’invito a ricordare che “Dio non cerca il giusto che temi di non poter mai essere. Lui guarda quella fragilità che ti appartiene come un respiro antico, la debolezza che è sorgente, ferita e mistero. E proprio lì, in quel punto segreto, Dio vuole entrare. Vuole farsi lievito nella tua creta, sole che illumina le ombre, fuoco che scalda ciò che si è raffreddato, spirito che danza nella tempesta. Che tu possa accorgerti che, dove il tuo sogno riposa in silenzio, nel luogo più nascosto che sfugge persino a te stesso/a, Dio si fa volto dentro il tuo volto. Lì, nell’intimità che non puoi raccontare, Dio prende carne in te. Non è lontano: è la tua profondità più profonda, è il battito che ti anima”.
“Che tu possa trovare forza nell’abbandonarti alla relazione, perché è lì che si rinnova la tua esistenza. Nasciamo da una relazione e rinasciamo in ogni legame autentico, sincero, profondo. Sii coraggioso/a nell’aprirti: è nel dono di te stesso/a che scoprirai la bellezza di essere vivo/a”, conclude il card. Battaglia.

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