“Potrei cercare di fare una lettura della situazione sociale che stiamo vivendo con tutti i problemi e gli avvenimenti tragici, ma ho scelto la via della contemplazione e dello stupore, come l’espressione di una classica statuina che è quella del pastore ‘stupito’, che non porta altro a Gesù che i suoi occhi e il suo sguardo pieni di meraviglia per ciò che vede. È una delle presenze costanti del presepio. In Provenza è chiamato ‘le ravì’, cioè l’estasiato, l’incantato; mentre in Sicilia lo chiamano ‘lu spavintatu’, a sottolineare lo stupore di questo personaggio. Mettiamoci in questo atteggiamento per cogliere lo straordinario avvenimento di salvezza di cui siamo protagonisti. Perché se ci pensiamo un po’ il messaggio del Natale, l’incarnazione del verbo di Dio, è qualcosa di sconvolgente”. Lo ha scritto il vescovo di Casale Monferrato, mons. Gianni Sacchi, nel messaggio di auguri natalizi alla comunità diocesana.
Dopo aver osservato che la festa del Natale “mette in moto una serie di esteriorità che hanno poco a che fare con l’essenza dell’evento. E noi corriamo il rischio di essere così assorbiti dalle tante luci artificiali da perdere di vista la Luce vera che viene a porre la sua tenda in mezzo a noi”, il presule invita a sostare davanti al presepe perché “è significativo mettersi in contemplazione e guardare Gesù tra Maria e Giuseppe”. “Quel bambino, così fragile e indifeso, quel bambino che piange quando ha fame, è il Figlio di Dio, Unigenito del Padre, Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato e non creato della stessa sostanza del Padre”. Se sostiamo davanti al presepio della nostra casa o delle nostre parrocchie o a quello molto suggestivo della cattedrale, mettiamoci in ascolto di questa Parola che desidera raggiungere i nostri cuori”, l’esortazione del vescovo: “È davvero una Parola che crea ed è capace di trasformare la vita di chi la accoglie. È la Parola che si fa carne per incontrare tutta l’umanità”. “Chi lo accoglie diventa ‘figlio di Dio’”, prosegue mons. Sacchi, spiegando che “non è un automatismo: solo chi lo accoglie nella propria vita, ha in dono la vita che supera ogni desiderio. Chi lo accoglie come compagno di viaggio e si lascia trasformare da lui per conformarsi sempre di più in lui”. “La vita di quel bimbo – assicura – è capace di trasfigurare la nostra vita e generare dentro di noi la fiducia, la confidenza, la comunione con Dio che ci apre ad orizzonti infiniti”. “Il sorriso di quel bimbo scavi nel profondo del nostro animo e ci faccia sentire l’eco di una dolcezza dimenticata.
Ci faccia comprendere che in lui siamo tutti fratelli e nei fratelli troviamo il suo volto, soprattutto in chi ha bisogno ed invoca tenerezza e affetto. Quelle braccia spalancate ci facciano sentire sempre attesi e accolti nonostante il peso dei nostri peccati che spesso segnano il nostro cammino”, conclude mons. Sacchi elevando “la mia preghiera per un Santo Natale e un 2025 capace di aprirci ad un’autentica riscoperta della speranza cristiana”.