“La nostra esperienza di adulti ci fa dire che, qualche volta, forse troppe volte, la speranza rimane delusa. Perché? Perché la speranza ci viene spontaneamente nel cuore: speriamo il bene, speriamo il meglio e, nello stesso tempo, facciamo l’esperienza che la speranza rimane come inascoltata da una realtà che sembra andare talvolta in una direzione opposta rispetto a quella sperata”. Lo scrive il vescovo di Ascoli Piceno, mons. Gianpiero Palmieri, nel suo messaggio per il Natale. “Per un cristiano, per noi che celebriamo il Natale, la speranza ha un nome ed è Gesù. È lui il segno che Dio ha messo nel mondo perché gli uomini potessero continuare a sperare”.
Il presule, dopo aver ricordato il mito del vaso di Pandora, evidenzia una convinzione: “Anche nelle situazioni più difficili, l’uomo, che è fatto per la vita, che è fatto per l’eternità, continua a sperare. La notte di Natale noi contempliamo Dio fatto bambino, Dio che entra nelle profondità del cuore umano, nel vaso di Pandora se volete, e lì ridona nuovamente la speranza”. Mons. Palmieri ricorda, quindi, che “ci sono bambini che nascono in contesti sereni e accoglienti, dove la loro vita può crescere, può dilatarsi”. “Invece ci sono bambini che nascono già nell’Inferno. Pensate ai bambini che nascono nei villaggi distrutti dell’Ucraina o nella Striscia di Gaza o nei tanti luoghi dove ancora continua la guerra: nascere in un ospedale che forse verrà bombardato, in una scuola che forse verrà distrutta”. “La speranza è tanto forte quanto è forte la presenza di Dio in mezzo agli uomini – chiosa -. La speranza rinasce continuamente se ci apriamo al dono della presenza di Dio nel cuore dell’uomo e nella storia”.