Non giudicare né se stessi né negli altri significa “abbassare i giudizi, relativizzare quello che sappiamo di noi e degli altri”. Così padre Roberto Pasolini, predicatore della Casa Pontificia, ha commentato la parabola di Matteo sul giudizio universale, al centro dell’ultima predica di Avvento, in Aula Paolo VI. “Il giudice della storia non vuole che ci mettiamo a giudicare nulla prima del tempo, ma che affiniamo la nostra capacità di valutare con pazienza le cose, per evitare di essere noi giudici più spietati di noi stessi”, ha spiegato il religioso, ricordando che “alla fine tutti i giudizi finiranno, resterà solo il giudizio di Dio”. Di qui la necessità di “concentrarsi su quello che resta, su quello che conta, che significa cercare di diventare sempre più autentici, più gratuiti in quello che facciamo”. “Uscire dalla logica economica per cui facciamo delle cose sempre in vista di un ritorno”, l’invito del predicatore, che ha esortato inoltre ad “uscire dalla logica del fare le cose per senso del dovere e per senso di colpa: siamo abituati a fare tante cose perché c’è una certa aspettativa su di noi”. Per Pasolini, “la via della gratuità è l’ unico modo per superare la paura di non valere niente o di contare poco”: “Alla fine quello che ci farà entrare in Paradiso sarà il bene inconsapevole, quello che avremo fatto senza neanche accorgercene. La sorpresa sarà scoprire che Dio non aveva nessuna aspettativa su di noi, solo il grande desiderio che saremo felici. Non conterà la quantità di azioni buone o cattive, ma se attraverso di esse saremo riusciti ad accettare e diventare noi stessi fino in fondo”. La piccolezza: è questa, per il predicatore della Casa Pontificia, “la grande profezia che potremmo scegliere di incarnare per il Giubileo. La Chiesa sente la responsabilità di varcare l’unica porta di salvezza, che è Cristo. Non è necessario attendere di essere migliori o diversi di quello che siamo. Anzi, dovremmo riscoprire la libertà di presentarci al mondo con un pò meno paura e senza inutile vergogna di essere più piccoli di quanto avremmo pensato di dover essere”. “Attraversare la Porta santa senza la preoccupazione di esibire un profilo impeccabile”: potrebbe essere questa, ha concluso Pasolini, la grande speranza da incarnare per il Giubileo: “Anzitutto per noi cristiani, ma anche per il mondo”.