Consiglio d’Europa: Comitato anti-tortura sui Cpr in Italia, “pessime condizioni materiali, eccessivo approccio securitario”

Il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (Cpt) ha pubblicato oggi il rapporto sulla sua visita in Italia nell’aprile 2024, insieme alla risposta delle autorità italiane. La visita, precisa una nota del Comitato, che è un organismo del Consiglio d’Europa, “si è concentrata sul trattamento e sulle condizioni di detenzione dei cittadini stranieri trattenuti in quattro centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) a Milano, Gradisca, Potenza e Roma”. Il Cpt “ha riscontrato diversi casi di presunti maltrattamenti fisici e uso eccessivo della forza da parte di agenti di polizia nei confronti di cittadini stranieri trattenuti nei Cpr visitati, solitamente a seguito di disordini o atti vandalici nei centri”. Il rapporto evidenzia “l’assenza di un monitoraggio rigoroso e indipendente di tali interventi da parte della polizia e la mancanza di una registrazione accurata delle lesioni subite dalle persone trattenute. Il Comitato critica anche la diffusa pratica di somministrazione di psicofarmaci non prescritti diluiti in acqua a cittadini stranieri, come documentato presso il Cpr di Potenza”. “La pratica di trasportare cittadini stranieri a un Cpr ammanettati in un veicolo della polizia senza che venga offerto loro cibo e acqua durante viaggi di diverse ore dovrebbe essere rivista”.
Più in generale, il Comitato è “molto critico nei confronti della disposizione fisica e della progettazione dei Cpr e in particolare dell’ambiente carcerario, che potrebbe essere considerato simile a quelli osservati dal Comitato nelle unità di detenzione che ospitano prigionieri in regime speciale. Esempi di tali elementi includono tripli schermi metallici alle finestre e strutture esterne simili a gabbie. Altre carenze identificate riguardano la scarsa qualità del cibo fornito alle persone detenute e la carenza di scorte di articoli da toeletta”.
Il Cpt ha avuto “la netta impressione che l’alto tasso di eventi critici e violenza registrati all’interno dei Cpr fosse una conseguenza diretta delle sproporzionate restrizioni di sicurezza, della mancanza di valutazioni individuali del rischio dei cittadini stranieri e del fatto che alle persone detenute non veniva di fatto fornito nulla con cui occupare il loro tempo”.

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