“Tutto il sito si fonda su un piano roccioso che ha subito nel tempo profonde trasformazioni dovute all’attività estrattiva, che ha un andamento da nord-est a sud-ovest, con forti variazioni di profondità, che superano i 5 mt. Benché non sia possibile definire quanto a lungo sia rimasta in uso la fase di sfruttamento più organizzata e invasiva, sono stati comunque riconosciuti momenti estrattivi diversi, e che vedono le ultime e più sporadiche estrazioni legate al momento del cantiere paleocristiano”. Sono alcune delle conclusioni preliminari tratte a due anni dall’inizio dei lavori di scavo archeologico presso il complesso del Santo Sepolcro a Gerusalemme, condotti dall’équipe del Dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’Università di Roma “La Sapienza”, sotto la direzione della prof. Francesca Romana Stasolla. Le attività di scavo si sono concentrate nell’area di ingresso, nella parte meridionale del deambulatorio e nell’area francescana a nord. Un aggiornamento dei lavori di scavo è stato presentato, lo scorso 7 novembre, ai responsabili dei tre riti cristiani che hanno la custodia del complesso del Santo Sepolcro, latini, ortodossi e armeni.
Tra le novità principali, riportate in un comunicato del Dipartimento di Scienze dell’Antichità, l’individuazione di “un’area che doveva essere occupata dalla struttura di culto di età adrianea”, riportata anche dalle fonti cristiane, Eusebio di Cesarea, Cirillo di Gerusalemme, Girolamo. Si tratta “di un’area di minori dimensioni rispetto a quella ipotizzata da padre Virgilio Corbo (francescano e archeologo italiano, ndr.) che difficilmente può essere identificata come il Capitolium. Certamente la struttura di culto doveva chiudere ad ovest l’accesso alla tomba venerata, impedendone quindi la visita, ma mantenendone il ricordo. Gli scavi devono proseguire nella navata nord della chiesa attuale, per poter avere ulteriori conferme”. È invece certo che all’inizio del IV secolo “l’intera collina risulta spianata con un’operazione le cui tracce sono ben visibili. A seguito di questa operazione, venne risparmiata una camera funeraria”, identificata come la tomba di Cristo, “che venne foderata all’esterno con un rivestimento che segnò l’avvio di un processo di monumentalizzazione. Il risultato dovette essere in piccolo santuario circolare con un’anticamera preceduta da tre gradini e circondato da 12 colonne che definivano una pianta circolare. Nulla al momento fa ipotizzare la presenza di una copertura, per cui è assai probabile che questa prima sistemazione potesse essere all’aria aperta, nel frattempo che si andavano compiendo i lavori per la Rotonda. In questo modo sarebbe stato possibile consentire comunque lo svolgersi delle cerimonie attorno all’edicola”.
Dagli scavi finora condotti emerge anche che “alla fine del IV secolo i lavori della Rotonda si conclusero. In contemporanea con il nuovo assetto della Rotonda anche l’Edicola subisce un rinnovo. La Rotonda doveva connettersi con la basilica liturgica per mezzo del triportico” che “collegava l’area della Rotonda con la basilica cristiana. Quello che si costituì nel corso del IV secolo era un complesso santuariale articolato, con luoghi di culto e di venerazione, con liturgie differenziate, con percorsi di visita. La sua stessa conformazione prevede visite di pellegrini che possano circolare attorno ai punti di venerazione, che possano trovare riparo sotto i portici, secondo le modalità ben note per i santuari precristiani e della prima età cristiana”. Nel comunicato il Dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’Università di Roma “La Sapienza” informa che “si sta anche documentando l’intera basilica ed i suoi annessi, per riconnettere i dati scavati alle architetture. Si lavora anche alla documentazione dei materiali, il cui studio contribuisce a costituire una grande occasione per la conoscenza della città”.