Il Decreto Sicurezza, presentato alla Camera lo scorso settembre e in attesa di approvazione da parte del Senato, ha un forte valore politico per il Governo Meloni. Nell’editoriale del nuovo numero di “Aggiornamenti Sociali”, il direttore Giuseppe Riggio approfondisce il testo ed evidenzia come attraverso l’introduzione di nuove fattispecie di reato non sia garantita maggiore sicurezza, bensì – sostiene – un minore spazio per i cittadini di manifestare il proprio dissenso, violando così uno dei principi fondamentali della democrazia. “Il confine tra sicurezza e repressione dei diritti è sottile”. Nel dibattito politico, sottolinea padre Riggio, il Ddl ha assunto un “valore politico” attribuito “a questo testo normativo da parte della maggioranza al governo”, cui corrisponde “la contestazione che serpeggia in una parte dell’opposizione, degli esperti di diritto e degli operatori della giustizia e della società civile (in primis i sindacati e il mondo dell’associazionismo nonviolento e ambientale)”.
Nel paragrafo “La risposta monca del populismo penale” si legge: “Vari articoli del disegno di legge sono in modo più o meno diretto collegati a recenti fatti di cronaca”. È così per la norma “sull’occupazione di immobili. Allo stesso modo, la previsione di trasformare da illecito amministravo a reato i blocchi stradali o ferroviari realizzati da parte di manifestanti con il loro corpo fa pensare alle iniziative di movimenti e gruppi come ‘Ultima generazione’. Anche l’introduzione del reato di rivolta all’interno di un istituto penitenziario si lega a eventi recenti, mentre alle azioni dei No-Tav si riconduce la circostanza aggravante dei delitti di violenza o minaccia, di resistenza a un pubblico ufficiale e altri simili illeciti”.
“Sempre più spesso il diritto penale diviene lo strumento a cui ricorrere per rispondere a una questione che ha rilevanza sociale o che viene percepita tale a livello di opinione pubblica”, segnala il direttore. “Questo approccio, improntato al cosiddetto populismo penale, si accompagna con un ulteriore tratto sempre più diffuso nei recenti interventi legislativi, che può causare cortocircuiti rilevanti nella vita democratica. Nelle nuove norme penalistiche, l’attenzione è spesso concentrata sul profilo del reo: immigrati, militanti, detenuti, automobilisti, ecc. Si passa, in questo senso, dal prendere in considerazione la portata offensiva delle condotte, al dare un peso preponderante ad aspetti legati alla persona di chi pone in essere certi atti. Si è giunti a un diritto penale del nemico: si trasformano questi elementi in ragioni sufficienti per nutrire sospetti o per considerare una persona come pericolosa”. Quindi “l’insufficienza di questo tipo di provvedimenti è denunciata da più parti”.