Cop29: organizzazioni italiane, “il nostro Paese è primo finanziatore pubblico di combustibili fossili in Europa e quinto a livello globale”

“L’Italia, nonostante i passi avanti compiuti con la diminuzione dei volumi finanziati da Cassa Depositi e prestiti (Cdp) e Sace, risulta essere ancora – precisano le organizzazioni – il primo finanziatore pubblico di combustibili fossili in Europa e il quinto a livello globale”. Invece, “numerosi firmatari della Cetp, Paesi storicamente molto attivi nel finanziamento di progetti fossili all’estero, hanno rispettato l’impegno preso alla Cop26, implementando politiche efficaci che interessano le rispettive istituzioni finanziarie pubbliche. Tra questi si possono menzionare il Regno Unito, la Francia, il Canada e, anche se con margini di miglioramento, la Germania e la Spagna”. È quanto si legge in un appello lanciato ad una settimana dall’inizio della Cop29 di Baku, in Azerbaigian, da ActionAid Italia, Focsiv, Movimento Laudato si’, ReCommon e Wwf Italia – con il sostegno di Both Ends, Counter Balance, Friends of the Earth Stati Uniti, Oil Change International, The Corner House.
“La riduzione dei finanziamenti internazionali per l’energia fossile, tuttavia, non si è tradotta in un incremento del sostegno finanziario per l’energia pulita”, notano le organizzazioni, evidenziando che “nel 2023 i firmatari originari della Cetp hanno supportato progetti di energia pulita all’estero per un totale di 21,3 miliardi di dollari, in calo rispetto ai 26 miliardi di dollari del 2022. Questo trend suggerisce la necessità di migliorare le politiche e porsi obiettivi più ambiziosi per rispettare gli impegni presi”.
Per le organizzazioni, “è auspicabile che i finanziamenti all’energia pulita mettano al centro i bisogni delle persone e delle comunità, senza aggravare la situazione debitoria dei Paesi del Sud globale, e per questa ragione erogati per lo più sotto forma di doni e programmando una crescita dell’aiuto pubblico allo sviluppo. Una situazione debitoria spesso causata proprio dagli investimenti fossili e dai contratti che le multinazionali energetiche concordano con i governi dei Paesi esportatori, con clausole che danno priorità ai profitti privati piuttosto che all’equilibrio della finanza pubblica, agli investimenti necessari per combattere povertà e disuguaglianze, e ai ristori per le perdite e ai danni causati dal cambiamento climatico”. Secondo le organizzazioni della società civile italiana aderenti all’appello, “l’interruzione dei finanziamenti pubblici esteri all’energia fossile favorirebbe anche un’implementazione più giusta, equa e trasparente di alcune strategie governative, a partire dal Fondo italiano per il clima e il Piano Mattei per l’Africa”.

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