“Solo attraverso una comunicazione che fa rete, che valorizza le relazioni e che si lascia guidare dallo Spirito Santo, la Chiesa potrà continuare a essere luce del mondo e sale della terra, testimoniando il Vangelo con la vita e le opere”. Lo ha affermato don Guido Colombo, delegato nazionale Ancp (Associazione nazionale cooperatori paolini), aprendo l’incontro su “Fare rete per conoscersi, progettare insieme per crescere” che ha visto radunati, in presenza e in collegamento, oggi a Roma presidenti e delegati delle 29 associazioni che fanno parte del Copercom.
“La Chiesa cattolica – ha sottolineato il sacerdote – è chiamata a essere una comunità viva e dinamica, una realtà che sa farsi prossima ai bisogni delle persone, capace di ascoltare, dialogare e accompagnare. Nell’era della globalizzazione e della comunicazione digitale, la Chiesa non può sottrarsi alla sfida di rinnovare il proprio modo di comunicare, integrando i mezzi tradizionali con le nuove tecnologie per rispondere in modo efficace e autentico alla missione evangelizzatrice”. “Uno dei concetti chiave per una comunicazione efficace è quello di ‘fare rete’”, ha proseguito, spiegando che questo “richiama non solo l’idea di connessione tra persone e realtà, ma anche quella di costruire legami autentici, fondati sulla conoscenza reciproca, la condivisione e la progettazione comune”. “Fare rete – ha continuato – significa innanzitutto aprirsi all’incontro con l’altro. La comunicazione ecclesiale deve partire dall’ascolto, perché è solo conoscendo le storie, i bisogni, le domande e le speranze delle persone che la Chiesa può rispondere con parole di vita”. “La Chiesa – ha ammonito – oggi è chiamata a un dialogo rispettoso e aperto, che valorizza le diversità e riconosce la dignità di ogni interlocutore”. Anche perché “nella logica del ‘fare rete’, ogni voce è importante, e ogni contributo può arricchire la comunità”. “È nello scambio genuino e nell’apertura al prossimo – ha continuato – che si crea la vera comunione, quella comunione che la Chiesa è chiamata a testimoniare e vivere, diventando così segno e strumento dell’unità tra Dio e l’umanità”. “La conoscenza reciproca è il fondamento per progettare insieme”, ha poi osservato don Colombo, evidenziando che “la Chiesa, come popolo di Dio in cammino, non può pensare e agire in modo individualistico. Al contrario, è chiamata a vivere una dimensione sinodale, ossia a camminare insieme, discernendo e decidendo in comunione. Questo significa coinvolgere tutti i membri del corpo ecclesiale — laici, religiosi e clero — in un processo di consultazione e collaborazione per il bene comune”.