Diocesi: mons. Mario Toso (Faenza-Modigliana) su pastorale vocazionale, “stare accanto ai giovani è una delle dedizioni più alte”

“Quando pensiamo alla pastorale vocazionale dobbiamo avere ben presente nella mente e nel cuore questo presupposto: la pastorale delle vocazioni è frutto della cura di Cristo dell’umanità. Ponendo in atto la pastorale vocazionale, viviamo la sollecitudine di Dio per il mondo intero. Stare accanto ai giovani, cercarli, ascoltarli con pazienza, discernere con loro le parole belle ed esigenti del Buon pastore, non è forse una delle dedizioni più alte?”. È questa una delle riflessioni proposte dal vescovo della Diocesi di Faenza-Modigliana, mons. Mario Toso, in occasione della celebrazione eucaristica per San Carlo Borromeo, nel Seminario diocesano. Il vescovo Mario ha riflettuto sulle fatiche e le difficoltà nella pastorale vocazionale oggi. “Innanzitutto – ha detto il presule – c’è un certo scoraggiamento, un mostrarsi rassegnati, come quando ci si trova di fronte a un’impresa ardua, che non dà immediatamente esiti positivi. La Chiesa che alza le mani e si arrende avvilita, può comunicare un’immagine negativa di sé, non evangelica. Ma non possiamo essere rassegnati e disperare. Perché? Perché lo Spirito santo, che vive nel suo popolo, non smette di chiamare, di inviare operai! Dobbiamo ripensare e riprogettare il percorso dell’accompagnamento spirituale dei ragazzi e dei giovani. Occorre osare di più sul piano della proposta vocazionale, lavorare di più in sintonia con il cuore di Gesù e anche sognare a occhi aperti. I frutti non mancheranno”. Come seconda difficoltà il vescovo ha evidenziato l’idea impropria, ormai dominante, che la pastorale delle vocazioni debba essere un’azione diffusa e generale, al punto da essere generica. La terza difficoltà è la testimonianza confusa e incerta di una Chiesa che presenta non raramente ministri ordinati e comunità cristiane incolori, sbiaditi, piuttosto piegati verso prassi pastorali abitudinarie, senza la convinzione che occorre cambiare passo, innestando prassi più mirate, convergenti e incisive. “Abbiamo bisogno di capire – ha quindi concluso il vescovo – dove fare leva e breccia nel cuore dei giovani, come individuare il punto sensibile all’appello del Signore. Incontriamo e coinvolgiamo davvero non pochi giovani nelle nostre attività”.

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