(Milano) “Lasciate che io canti il mio cantico per la bellezza della Santa Chiesa di Dio. Io canto della bellezza originale dello spettacolo della Chiesa universale, della moltitudine che nessuno può contare di coloro che portano il sigillo del Dio vivente; io canto della bellezza di contemplare riuniti in un solo luogo uomini e donne da ogni angolo del mondo, da ogni lingua, popolo e nazione, come è stato per l’Assemblea sinodale appena conclusa: convocati e contenti di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio. Io canto la fierezza e lo stupore perché in nessun luogo della terra, in nessuna istituzione degli uomini si dà questo convergere in comunione, per un servizio volonteroso e paziente”. È iniziato così il pontificale per la solennità di san Carlo Borromeo, copatrono della diocesi di Milano, tenuto questa sera in duomo dall’arcivescovo Mario Delpini. Una riflessione ruotata attorno a un san Carlo che dichiara, attraverso le parole dell’arcivescovo Delpini, il suo amore per la Chiesa ambrosiana e la sua bellezza. “Canto della bellezza della Sposa dell’Agnello: per lei lo Sposo dà la vita, perché sia santa, immacolata, introdotta alle feste di nozze nel cuore della Trinità, partecipe della vita del Figlio, ‘come il Padre conosce me e io conosco il Padre’, così la Sposa conosce lo Sposo”. “Canto della bellezza della comunione desiderata e impossibile, fatta e disfatta, radunata dallo Spirito per essere un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione e frantumata dai puntigli e dai risentimenti, dalle incomprensioni e dalle ferite antiche. Canto la bellezza della comunione nella Chiesa e la invoco e la raccomando e supplico di manifestare i segni del cammino verso l’unità con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore. Canto della moltitudine immensa delle persone che edificano la comunità, dei preti dedicati, dei santi della porta accanto, di quello ‘che ci sono sempre’ e sono anche capaci di lasciare il posto”.