“Ho appreso con dolore che nella giornata di Tutti i Santi un detenuto casertano recluso nel carcere di Santa Maria Capua Vetere ha deciso di porre fine alla sua vita terrena. Ancora una volta un nostro fratello non ha trovato nessuna speranza di libertà a cui aggrapparsi se non la morte. Ci raccogliamo in preghiera per lui, per la sua famiglia, la moglie, i figli e tutte le persone che gli hanno voluto bene”. Lo afferma il vescovo di Caserta e arcivescovo di Capua, mons. Pietro Lagnese, dopo il suicidio di un detenuto. “Non possiamo e non dobbiamo ‘abituarci’ a queste notizie: in un Paese civile, nessuno dietro le sbarre deve sentirsi condannato a morte ma deve trovare nel tempo della pena motivi di speranza per il futuro, come recita l’art. 27 della nostra Costituzione – evidenzia il presule -. Le carceri, come afferma Papa Francesco, dovrebbero avere sempre una finestra e un orizzonte, anche quando la pena è perpetua. Nessuno può cambiare la propria vita se non vede un orizzonte. È un grido di dolore che ferisce tutti: non possiamo stare a guardare! Non conosciamo i motivi del suicidio del nostro fratello ma possiamo immaginare il senso di solitudine, di paura per il futuro che lo hanno angosciato fino a decidere di compiere un atto così estremo. Questo ci deve interrogare”. Certo, ammette mons. Lagnese, “è più facile reprimere che educare, creare spazi per rinchiudere nell’oblio i trasgressori della legge piuttosto che offrire loro durante la detenzione sostegno psicologico, prospettive di lavoro e speranza di autonomia”. All’espressione “marcire in carcere” che “tanti continuano a usare, come se si possa arrivare a considerare una persona uno scarto alimentare”, bisogna “preferire” la parola di Gesù che dice: “Ero carcerato e mi siete venuti a trovare” (Mt 25,36). Per questo, dice l’arcivescovo, “invito le comunità cristiane di Capua e di Caserta – che da sempre si adoperano tramite Caritas, volontari e cappellani – a stare, materialmente e spiritualmente, accanto ai carcerati, a fare ancora di più, soprattutto promuovendo e curando, già dentro i penitenziari, azioni concrete di recupero sociale dei detenuti. Sono vicino alla direzione del carcere di Santa Maria Capua Vetere e ai tanti rappresentanti della polizia penitenziaria che svolgono con grande professionalità e sacrificio il loro lavoro pur nelle grandi difficoltà degli ambienti in cui sono costretti ad operate. Anche per loro è un dolore vedere morire così una persona affidata alle loro cure”. Infine, un appello anche “alla comunità civile e alle istituzioni locali e nazionali che hanno in carico la gestione del sistema penitenziario e del reinserimento dei reclusi nella società. Ascoltiamo l’invito accorato che viene dal presidente della Repubblica: ‘È importante ed indispensabile affrontare il problema immediatamente e con urgenza … per rispetto dei valori della nostra Costituzione, per rispetto di chi negli istituti carcerari è detenuto e per chi vi lavora'”.