Argentina: Pastorale indigena, “la febbre del litio distrugge il territorio”

(Foto Pastorale indigena)

L’équipe nazionale di Pastorale indigena della Chiesa argentina ha presenta il rapporto speciale “La febbre del litio che distrugge il territorio”. Si tratta di un ampio documento, che denuncia e descrive nei dettagli l’impatto ambientale e sociale dello sfruttamento del litio, fondamentale per la fabbricazione delle auto elettriche, nei territori delle popolazioni indigene di Salta e Jujuy, nel nordovest dell’Argentina. L’opera presenta l’impatto ambientale e sociale dell’estrazione del litio nelle saline e i “sentimenti” di alcuni protagonisti del territorio.
“L’estrazione artigianale del pane di sale risale ai tempi dei nonni ed è considerata una ricca fonte di lavoro e una parte importante dell’identità culturale – ricorda la Pastorale indigena -. Nell’ecoregione della Puna Atacama, che comprende le province di Jujuy, Salta e Catamarca, l’interrelazione millenaria tra le comunità indigene e il territorio, dove si trovano zone umide andine alte più di 3.000 metri sul livello del mare, è un’importante fonte di ricchezza sociale, economica, culturale ed ecologica, che fa parte del patrimonio dell’umanità”.
Oggi, secondo il documento, “la regione è stata minata dagli interessi geopolitici degli Stati provinciali sulle risorse minerarie, che oggi si accaparrano una delle principali fonti di litio al mondo; quando l’estrattivismo è la politica dello Stato, il business delle materie prime e le mega-minerarie hanno la precedenza sul diritto umano all’acqua, a un ambiente sano e ai diritti degli indigeni”.
Un recente studio ha analizzato il consumo idrico del progetto Olaroz, attualmente in produzione nella provincia di Jujuy, e “ha stimato che per ogni tonnellata di litio vengono consumati circa 584.000 litri di acqua – si legge, ancora, nel testo -. Altre stime indicano che sono necessari 2 milioni di litri per ogni tonnellata di litio. Uno dei principali impatti è il degrado irreversibile delle riserve di acqua dolce che si trovano ai margini del bacino e sotto i ventagli fluviali, con una diminuzione della disponibilità di acqua per il consumo umano e per lo sviluppo socio-produttivo delle comunità. Altri impatti includono la modifica del paesaggio, l’alterazione dei flussi naturali delle acque sotterranee e della zona di mescolamento acqua dolce-acqua salata, la contaminazione dell’acqua dolce, l’introduzione di strade di esplorazione in ecosistemi sensibili, l’installazione di infrastrutture, l’impatto dell’attività industriale su flora e fauna e la produzione di rifiuti solidi e chimici”.

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