Comunicazione: Corrado (Cei), “la comunicazione ecclesiale non mira a vendere un prodotto”

“La comunicazione ecclesiale non mira a vendere un prodotto, ma a generare comunione”. Lo ha detto Vincenzo Corrado, direttore dell’Ufficio Cei per le comunicazioni sociali, intervenuto , intervenuto al convegno “A vent’anni dal Direttorio Comunicazione e Missione. Storia e prospettive del legame tra Chiesa italiana e comunicazioni sociali”, in corso alla Pontificia Università Lateranense. In società liquide, “in cui la mutevolezza e la velocità della trasmissione dei contenuti sembrano annullare la solidità e la certezza dei riferimenti”, la presenza ecclesiale dei media diventa essenziale. Da qui l’importanza e l’impegno della presenza ecclesiale nei media, da “Nuovo areopago” divenuto “nuovo ambiente” grazie all’avvento delle nuove tecnologie. In questo contesto, per Corrado serve “uno scatto in avanti” per “svecchiare” il linguaggio, “così da essere in grado di ascoltare, relazionarsi ed essere compresi”. Un impegno, questo, che come dice il Papa “non riguarda esclusivamente gli operatori dell’informazione, ma è responsabilità di ciascuno”. In questa prospettiva, “la cura per una formazione continua e permanente diventa purificazione del linguaggio, con l’obiettivo di alleggerire e liberare le parole dai condizionamenti che oscurano la visuale”. “Non è un caso che il Cammino sinodale delle Chiese in Italia abbia focalizzato la propria attenzione, dopo gli anni dedicati all’ascolto e al discernimento, su comunicazione e linguaggi”, ha concluso il direttore dell’Ufficio Cei; una questione che “riguarda che cosa la Chiesa è disposta a mettere in comune con il mondo, che immagine ha di sé stessa e cosa vuole raccontare”.

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