“C’è una costante nella nostra storia”, “un fenomeno non è mai venuto meno. Dai tempi delle corporazioni nel Medioevo sino a oggi: il fenomeno dell’artigianato. Potremmo ben dire che nel Dna delle abilità e dei saperi degli artigiani risiede tanta parte della storia d’Italia, di cui costituisce, tuttora, un motore di sviluppo. Di certo, nessuno può considerarlo una parte residuale dell’economia”. Lo ha sottolineato questa mattina il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, intervenendo all’Assemblea generale di Confartigianato.
“Le imprese artigiane – lo sapete bene – costituiscono oltre il 20% del tessuto imprenditoriale del nostro Paese. Rappresentano il 15% degli occupati, oltre a costituire un fattore di identità, strettamente legato anche al made in Italy”, ha proseguito il Capo dello Stato, ricordando che “la Repubblica ha saputo riconoscere questo valore, con un riferimento esplicito nella Costituzione”. “Il favor costituzionale – ha spiegato – esprime il proposito di dare impulso al lavoro autonomo, alla crescita di una società plurale, in cui venisse favorito il rafforzamento delle basi d’impresa del Paese e delle basi democratiche del Paese. Non sfuggiva ai Costituenti che il lavoro dipendente avrebbe assunto un ruolo centrale nella ricostruzione, eppure ben compresero, anche in virtù delle tradizioni italiane, che le articolazioni del lavoro, le diverse modalità di responsabilità e di impegno da parte dei lavoratori, sarebbero risultate una ricchezza nazionale”. “I provvedimenti legislativi sull’artigianato, sino alla legge quadro, costituirono strumenti applicativi di una visione che apprezzava il pluralismo delle forme di impresa, elemento positivo di un tessuto connettivo flessibile ed efficiente, che ha fatto crescere l’Italia nel dopoguerra”, ha aggiunto Mattarella, rilevando che “non si trattava, non si tratta, della difesa di sacche di impresa arretrate o marginali, bensì della presa d’atto dell’esistenza di un sistema di imprese. Sistema essenziale per la coesione sociale delle nostre città, dei nostri borghi, in grado di competere. Ne ha tratto beneficio anche la nozione, la concezione di pubblico, di servizio, di bene comune, inteso non più soltanto come pertinente allo Stato”.