Nel giro di pochi anni l’immunoterapia è diventata un pilastro nel trattamento di molti tumori. Tanto che, attualmente, il 70% dei centri oncologici italiani ha avviato a questo trattamento oltre 50 nuovi pazienti ciascuno, mentre il 30% ne ha avviati oltre 100. Tuttavia, solo nel 20% delle strutture sono stati istituiti gruppi di lavoro multiprofessionali realmente strutturati per la gestione delle possibili tossicità, che possono essere piuttosto frequenti nei pazienti sottoposti a immunoterapia. Questi i numeri emersi da un’indagine del Cipomo (Collegio italiano dei primari oncologi medici ospedalieri) su 109 strutture complesse del territorio nazionale con 150 professionisti apicali. I risultati dell’indagine sono stati presentati in occasione della quarta edizione del Cipomo Day, meeting virtuale che ha appena chiuso i suoi lavori, dove è stato anche presentato ai medici di medicina generale un vademecum per il riconoscimento e la gestione delle tossicità immunocorrelate.
“L’immunoterapia è la grande novità terapeutica dell’ultimo decennio – afferma Luisa Fioretto, presidente del Cipomo e direttore del Dipartimento oncologico e Soc Oncologia medica dell’Azienda Usl Toscana Centro –. Ma come succede nelle svolte epocali, si sono aperte nuove sfide che il sistema è chiamato a gestire: dall’informazione per il paziente e i caregivers sul meccanismo di azione, risultati e possibili effetti collaterali, al coinvolgimento multiprofessionale di specialisti interessati nel percorso di cura e di personale infermieristico” alla “necessità di creare percorsi dedicati alla tossicità o alle urgenze legate all’immunoterapia”. “Per ora – sostiene Giuseppe Aprile, direttore della Struttura oncologica complessa all’Ospedale di Udine – solo nel 20% delle realtà è attivo un gruppo multidisciplinare realmente strutturato, ma resta comunque un buon punto di partenza, che come Cipomo ci impegniamo a far crescere più velocemente possibile nei prossimi anni”.