Terra Santa: card. Pizzaballa (patriarca), “servizio ai poveri per i credenti non è semplice filantropia, ma conseguenza naturale della familiarità con la persona di Gesù”

“Oggi stiamo vivendo dolorosi travagli nella nostra vita sociale e anche ecclesiale. Il conflitto in corso ha in poco tempo spazzato via tante consuetudini, opinioni, modi di pensare e soprattutto speranze, progetti e prospettive non solo nell’ambito sociale, ma anche nella vita delle nostre comunità. Chissà a cosa il Signore ci sta preparando. Spetta a noi scoprirlo poco alla volta, mantenendo sempre il cuore attento e aperto all’ascolto della Parola di Dio e ai segni dei tempi”. Lo ha detto sabato il patriarca latino di Gerusalemme, card. Pierbattista Pizzaballa, durante un’ordinazione diaconale, nella chiesa di sant’Anna, a Gerusalemme. Il porporato ha ricordato il dovere del diacono, “il servizio della mensa e della Parola di Dio, la mensa, l’Eucarestia, e la Parola di Dio. È la prima diaconia, di cui il mondo oggi ha bisogno, seguito dall’attenzione ai poveri. Il servizio ai poveri, l’attenzione agli ultimi, il farsi prossimo, per noi credenti – ha aggiunto Pizzaballa – non è semplice filantropia, ma conseguenza immediata e naturale della familiarità con la persona di Gesù. Forse filantropia e carità fanno le stesse cose, costruiscono le stesse case, si aprono a simili servizi: i poveri, i sofferenti, i disabili, insomma gli ultimi. Ma lo stile, e lo spirito con le quali si svolge quel servizio – ha avvertito il patriarca Pizzaballa – è totalmente diverso. La familiarità con Cristo ci apre alla familiarità con ogni uomo e donna, e ci libera da ogni forma di contesa, di rancore, di rabbia. Ci rende costruttori non solo di opere di bene, ma di relazioni nuove e redente”. Assumere il servizio come “aspetto specifico e costitutivo della vita ecclesiale”, ha affermato, significa che “non si serve Cristo se non si serve il mondo. Non ci è chiesto di essere perfetti. Siamo infatti tutti fragili, zoppicanti, imperfetti, ma innamorati di Cristo e per questo, solo per questo, siamo a servizio dell’uomo, di ogni uomo. Che questa coscienza del servizio sia e resti sempre presente nella vostra vita”. La diaconia, ha concluso, “ha un luogo e una forma: la Chiesa. Il vostro, dunque, non sia un percorso esclusivamente personale. Decidersi per Cristo, significa riconoscersi Chiesa. È nella Chiesa e con la Chiesa che questa diaconia si fa concreta, è nella Chiesa che si spezza il pane, che si annuncia la parola. È con la Chiesa che ci si consacra per la vita del mondo. Non esiste una Chiesa ideale. Su quel Pietro titubante, pauroso e peccatore Cristo ha fondato la sua comunità. E dietro a Pietro ci siamo tutti noi, paurosi, titubanti, peccatori come lui. Ma anche catturati dall’amore per Cristo. E in questa comunità ecclesiale, dunque, così com’è, splenda il vostro servizio di diaconi: fragili, peccatori, ma innamorati di Cristo”.

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