“Guardate alle vecchie e alle nuove povertà. E ricordate che oggi più di ieri – in una società che, in gran parte, ha smarrito il radicamento nei valori umani (ragione, giustizia, solidarietà) e cristiani (fede, speranza e carità) – dovrete occuparvi non solo delle povertà materiali ma anche di quelle spirituali e culturali di quanti incontrerete e ai quali sarete mandati. Siatene consapevoli sempre”. Lo ha detto il patriarca di Venezia, mons. Francesco Moraglia, sabato scorso, nella basilica cattedrale di San Marco Evangelista, durante la celebrazione per l’ordinazione di nuovi cinque diaconi: quattro “transeunti” (cioè in attesa e in preparazione dell’ordinazione presbiterale) e uno permanente.
Due sono del Patriarcato di Venezia: un alunno del Seminario patriarcale, Rafael Arias Mejia, che il prossimo anno diventerà sacerdote, e il diacono permanente Leonardo Di Domenico, delle parrocchie dell’area marciana nel centro di Venezia, da poco rinominata “parrocchia del Santissimo Salvatore e di Santo Stefano”. Gli altri tre sono frati cappuccini di tre Province diverse: fra Davide Uziard della Provincia cappuccina del Piemonte, fra Mattia D’Albora della Provincia lombarda e fra Gheorghe Salahoru della Provincia triveneta. “Le vostre storie – così diverse – oggi si incontrano perché, rispondendo personalmente alla vostra comune vocazione al diaconato, state per essere ordinati e così entrate nel primo grado del sacramento dell’ordine”, ha detto mons. Moraglia aggiungendo che “la giornata odierna segna per sempre la vostra vita poiché con l’ordinazione, per mandato della Chiesa, entrate in modo sacramentale nel ministero apostolico”. Attraverso il ministero diaconale “siete chiamati ad annunciare alla comunità – con le vostre stesse persone – la centralità ‘istituzionale’ della ‘carità-diaconia’ nella Chiesa. Dovrete essere segno sacramentale ed istituzionale (non solo spirituale ed ascetico) della carità-diaconia di Cristo in mezzo al popolo di Dio. Non bisogna, quindi, solo vivere la spiritualità della carità, ma attestare che la carità appartiene all’istituzione Chiesa. E ricordiamo poi che non si dà carità senza verità e viceversa”. Esercitando il ministero all’altare “siete chiamati a dire – nel modo più eloquente – che la carità e il servizio, nella Chiesa – ha spiegato il patriarca – nascono dall’altare, dall’annuncio della Parola, ossia dal Signore Gesù, dalla cristologia che si vive concretamente nell’Eucaristia celebrata ed adorata. Offrendo, inoltre, con fedeltà il vostro servizio (voi stessi!) ai poveri, e a loro favore, sarete esplicita testimonianza del primato che la carità-diaconia deve avere nell’Evangelo cristiano”.