“Il bisogno di una maggiore sensibilità storica è più urgente in un tempo nel quale si diffonde la tendenza a cercare di fare a meno della memoria o di costruirne una adeguata alle esigenze delle ideologie dominanti”. Ne è convinto il Papa, che nella lettera sul rinnovamento dello studio della storia nella Chiesa spiega come “di fronte alla cancellazione del passato e della storia o ai racconti storici tendenziosi, il lavoro degli storici così come la sua conoscenza e ampia diffusione possono fare da argine alle mistificazioni, ai revisionismi interessati e a quell’uso pubblico impegnato in modo particolare a giustificare guerre, persecuzioni, produzione, vendita, consumo di armi e tanti altri mali”. “Abbiamo oggi un dilagare di memorie, spesso false, artificiali e anche menzognere, e contemporaneamente un’assenza di storia e di coscienza storica nella società civile e anche nelle nostre comunità cristiane”, il grido d’allarme di Francesco: “Tutto poi diventa ancora peggiore se pensiamo a storie oculatamente e occultamente prefabbricate che servono per costruire memorie ad hoc, memorie identitarie e memorie escludenti”. Ecco perché “il ruolo degli storici e la conoscenza dei loro risultati sono decisivi oggi e possono rappresentare uno degli antidoti per fronteggiare questo mortale regime dell’odio che poggia sull’ignoranza e sui pregiudizi. Al tempo stesso, proprio la conoscenza approfondita e partecipata della storia dimostra che non possiamo occuparci del passato con un’interpretazione veloce e scollegata dalle sue conseguenze”. “La realtà, passata o presente, non è mai un fenomeno semplice che può essere ridotto a ingenue e pericolose semplificazioni”, il monito: “Meno ancora ai tentativi di coloro che credono di essere come degli dei perfetti e onnipotenti e vogliono cancellare parte della storia e dell’umanità. È vero che ci possono essere nell’umanità momenti orrendi e persone molto oscure, ma se il giudizio viene fatto innanzitutto attraverso i media, i social o solo per interesse politico, siamo sempre esposti all’impeto irrazionale della rabbia o dell’emozione”.