“Non possiamo dimenticare che le nostre opere sono comunque inserite a pieno titolo nel Ssn, sin dalla sua istituzione, e quindi si trovano a dover operare in un settore divenuto sempre più complesso. Inoltre sono tenute a fornire garanzie e tutele alle famiglie dei circa 100mila lavoratori che operano, a diverso titolo, al loro interno”. Lo ha ricordato questa mattina padre Virginio Bebber, presidente dell’Aris, nella relazione pronunciata durante la assemblea nazionale che si svolge a Roma.
“Fatti salvi i diritti dei lavoratori, esse operano in uno stile di gestione non profit”, ha sottolineato il sacerdote, spiegando che “questo significa fuggir proprio dalla logica del profitto. Anzi è proprio per questo che spesso ci troviamo ad affrontare problematiche difficili, a volte insormontabili, specie in campo gestionale. Soprattutto quando i ritardi nei rimborsi da parte delle Regioni mettono in seria difficoltà l’esistenza stessa delle strutture che ancora cercano di far fronte a tagli e devastanti imposizioni che giungono dalle autorità del Paese. Non a caso in questi ultimi anni molte di queste opere sono state costrette a chiudere i battenti per non essere più in grado di far fronte a queste criticità”. “Ciononostante – ha assicurato – continueremo a dare il nostro contributo a tutela dei sofferenti, dei più deboli, con impegno e dedizione, ma al contempo auspichiamo, in questo difficile cammino, maggiore attenzione e senso di responsabilità da parte delle Istituzioni pubbliche e un rinnovato sostegno dall’intera comunità cattolica di cui siamo testimonianza nel mondo della salute”.
Riferendosi alle sofferenze del mondo odierno, padre Bebber ha poi evidenziato la necessità di “costruire una vera e propria rete di solidarietà cattolica che funzioni come un cammino sempre aperto, lungo il quale si trovino a passare ogni istante dei Buoni Samaritani, pronti a caricarsi sulle spalle l’uomo sofferente disteso sul ciglio della strada, per portarlo laddove possa trovare assistenza e cure amorose”. “La sofferenza di uno, qualunque essa sia, deve diventare ‘notizia’ per la comunità – ha ammonito – affinché sia essa stessa in grado di mettere in campo tutte le sue energie per soccorrere chi ha bisogno. Io vedo proprio nella parrocchia il centro di smistamento di questa catena integrata di solidarietà. È nelle sue corde e può farlo. Se c’è bisogno di aiuto e di collaborazione che tutti siano pronti a scendere in campo”.