“Contemplando la gioia dei santi e delle sante del cielo nella gloria di Dio, noi siamo attratti dal loro esempio e sostenuti dalla loro preghiera nel cammino di fede”. Lo ha detto ieri, nella solennità di Ognissanti, mons. Gherardo Gambelli, arcivescovo di Firenze, nella messa in cattedrale. “Mettendoci in ascolto della Parola di Dio, noi riceviamo il dono dello Spirito Santo che ci trasforma interiormente, rendendoci capaci di accogliere la presenza del Signore nella nostra vita che non vuole entrare in noi per mutilare o indebolire, ma per dare pienezza. Il cammino della santità è un percorso di umanizzazione, un sentiero che conduce alla libertà e alla gioia profonde e durature”, ha aggiunto il presule, osservando che “la bellezza della santità consiste in questa capacità di intonare una melodia più bella”. Lo “spartito” per eseguire questo “canto nuovo” è “il vangelo delle beatitudini”, nelle quali “si delinea il volto di Gesù che siamo chiamati a far trasparire nella quotidianità della nostra vita. Potremmo dire che le beatitudini sono come una biografia di Gesù”.
L’arcivescovo ha, quindi, tracciato “tre aspetti significativi della vita di Gesù”. Innanzitutto, “Gesù è un puro di cuore. Ha uno sguardo pulito quando osserva la realtà”. Lo “sguardo puro di Gesù” è “il frutto di un amore casto, non possessivo che è sempre capace di vedere al di là delle apparenze, riconoscendo il bene che c’è in ogni persona. È importante per noi imparare a lasciarci guardare così da Gesù, che non ci giudica mai ed è capace di accoglierci anche in quei luoghi della vita in cui noi stessi facciamo fatica ad accettarci”.
Un altro aspetto della vita di Gesù che viene messo in luce dalle beatitudini è quello della mitezza: “È quell’atteggiamento di quelle persone che hanno fatto esperienza di Dio come l’unico Signore del mondo e della storia e per questo non hanno bisogno di maltrattare gli altri per sentirsi importanti”. Il sostantivo “mitezza” nel Nuovo Testamento si trova spesso associato alla “moderazione”, in greco epieíkeia. Proprio “perché ama la legge, l’osservanza, il diritto, la persona che vive l’atteggiamento della moderazione comprende chi è debole, si rende conto che non ce la fa e vorrebbe aiutarlo a fare di più; si mette dunque sullo stesso gradino dell’altro per sostenerlo in modo che salga un altro gradino, che compia un passo avanti. Chi ha l’epieíkeia vorrebbe che il carcere non fosse un luogo che umilia e deprime, bensì uno strumento che riconcilia, riabilita, restituisce il detenuto alla famiglia e alla società. È un atteggiamento che guarda alla legge tenendo conto sì della sua rigorosa osservanza, però soprattutto del fine per cui è nata”.
Il terzo aspetto della vita di Gesù citato è quella della misericordia: “Gesù manifesta la sua misericordia soprattutto nel perdono, spezzando la logica della reciprocità della legge del taglione e assumendo piuttosto quella della gratuità della grazia”. “Non è facile saper perdonare, ma possiamo camminare sulla strada di Gesù, lasciandoci trasformare da Lui, iniziando a dire più di frequente la parola ‘grazie’ nella nostra vita”, ha concluso.