Mons. Carlos Herrera, presidente della Conferenza episcopale del Nicaragua e vescovo di Jinotega, è giunto in Guatemala, accolto dai padri francescani minori (lo stesso Ordine cui appartiene mons. Herrera), dopo aver viaggiato su un volo di linea. “È stato accolto come un fratello in visita”, ha confermato al sito indipendente Despacho 505 la provincia guatemalteca dello stesso Ordine. Il vescovo, dunque, sarebbe stato “caricato” nell’aereo dal regime di Daniel Ortega, dopo l’arresto avvenuto mercoledì, senza l’avvio di alcuna trattativa con il Paese centroamericano e con la Chiesa.
Nel frattempo, proseguono le reazioni a questo ultimo gesto di persecuzione religiosa messo in atto dal regime nicaraguense. L’Ufficio per la libertà religiosa del Dipartimento di Stato americano ha reagito con “preoccupazione” rispetto a quanto è accaduto, dicendosi “preoccupato per l’esilio forzato del vescovo Herrera, da parte delle autorità nicaraguensi. Metà dei vescovi del Nicaragua non può tornare in patria. I palesi attacchi di Ortega e Murillo contro il clero cattolico non indeboliranno la fede del loro popolo”.
“Partecipiamo al loro dolore e riaffermiamo il nostro sostegno ai pastori che, con coraggio e fedeltà, continuano a difendere la verità, la giustizia e la libertà religiosa, pilastri essenziali di una società giusta e pacifica”, sottolinea un comunicato della Conferenza episcopale panamense (Cep), nel quale, i vescovi del Paese centroamericano “esprimono il loro dolore per la situazione attuale” e, in particolare, per l’espulsione di mons. Herrera, “un atto che rappresenta non solo un’aggressione contro la Chiesa, ma anche un attacco alla dignità e ai diritti fondamentali del popolo nicaraguense”. Prosegue la nota: “Come fratelli nella fede, la Chiesa di Panama è solidale e prega costantemente affinché in Nicaragua prevalgano la pace, la riconciliazione e il rispetto dei diritti umani”.