“Assistiamo alla nuova povertà delle famiglie e dei lavoratori. Le cose sono collegate. Perché se purtroppo le persone hanno un lavoro povero è normale che poi le famiglie siano in povertà. Fino a qualche tempo fa con due stipendi si viveva dignitosamente. Oggi il rischio è che due stipendi non bastino più, se sono stipendi non proprio adeguati al tempo”. Lo dice al Sir il direttore di Caritas Italiana, don Marco Pagniello, al Sir in occasione della Giornata mondiale dei poveri.
Caritas nei giorni scorso nel proprio report “Fili d’erba nelle crepe. Risposte di speranza” ha rilevato “una povertà che cresce, che è sempre più diffusa, che fa aumentare anche i divari tra territori, tra persone”. “Fa crescere le disuguaglianze. La povertà non tocca soltanto i migranti ma tocca anche tante famiglie italiane. Il fenomeno dei lavoratori poveri conferma, come la povertà dei minori, dei piccoli”. “In tutta questa fatica, i progetti 8xmille che si presentano sono questi fili d’erba, parafrasando don Andrea Santoro, che dicono una speranza – spiega don Pagniello -, una vita nuova che è possibile, che è un’opportunità che sta venendo fuori di fronte a questa fatica. Credo che di fronte a questa povertà noi uomini e donne di fede abbiamo bisogno innanzitutto di annunciare questo, di annunciare con fermezza e con certezza questa speranza. E dobbiamo organizzare la speranza attraverso gesti concreti, progetti concreti. Quelle famose opere che Papa Francesco chiede a tutta la Chiesa di mettere in atto durante il Giubileo, che sono opere concrete, segni di speranza”.
Il direttore di Caritas Italiana mette a fuoco “i veri protagonisti di questi progetti che sono i poveri, naturalmente, ma sono anche le comunità cristiane”. “Quindi, in maniera provocatoria, mi piacerebbe che la Giornata dei poveri fosse la Giornata mondiale delle comunità che accompagnano i poveri. Non perché voglio spostare il focus, ma perché altrimenti il rischio è che noi celebriamo la povertà, ma noi non la vogliamo celebrare. E poi poveri lo siamo tutti. E da poveri, appunto, siamo chiamati, come dice Papa Francesco, a essere ministri della speranza. Per essere ministri della speranza dobbiamo ripartire dal nostro sentirci poveri perché bisognosi della misericordia di Dio”.