“Abbiamo visitato circa 800 pazienti in una settimana, di questi il 35% sono bambini. Tra le patologie più comuni che riscontriamo ci sono le infezioni delle vie respiratorie, patologie gastrointestinali, malattie croniche e patologie cutanee. Un paziente su dieci risulta malnutrito”. A parlare è Stefano Sozza, capomissione Emergency a Gaza che ha iniziato le attività sanitarie nella clinica da campo allestita all’interno della cosiddetta “area umanitaria” di al-Mawasi in supporto all’organizzazione palestinese Cfta (Culture & Free Thought Association).
“Mentre aspettiamo di poter costruire la nostra clinica, abbiamo deciso di lavorare in supporto di un’organizzazione non governativa e indipendente locale per fornire assistenza alla popolazione palestinese su vari fronti, anche sotto il profilo culturale, dell’educazione e sociale”.
Il team internazionale di Emergency presente nella Striscia è composto da sei operatori: un capomissione, due infermieri, due medici e un logista che coordinano le attività dei sette colleghi, sanitari e non, dello staff palestinese. Nel frattempo, l’organizzazione continua ad attendere la conferma della deconfliction (una linea di deconflittualità) da parte delle forze armate israeliane per poter costruire la propria clinica di salute primaria nell’area di Khan Younis.
“I bisogni sanitari – prosegue Sozza – sono enormi e gli ospedali locali che ancora sono operativi (solo 17 strutture su 36 in tutta la Striscia ancora, parzialmente, funzionanti) non riescono a gestirli tutti. Oltre a non avere lo staff e i farmaci necessari, spesso sono sovraffollati perché, in mancanza di altre strutture, i malati si rivolgono agli ospedali anche per necessità che potrebbero essere trattate ambulatorialmente. La situazione è critica e la popolazione è allo stremo: mancano servizi sanitari, c’è scarsità di acqua, di cibo e di abitazioni”.