Carcere: mons. Redaelli (Caritas), detenuti “fuori il prima possibile e accompagnati, la via doverosa per affrontare pena e reinserimento”

(foto: Caiffa/SIR)

“Fuori dal carcere, il prima possibile e accompagnati: è ciò che l’esperienza di molte Caritas e di molte altre realtà di volontariato indica come via doverosa per affrontare il problema della pena e del reinserimento”. È la strada indicata oggi da mons. Carlo Roberto Maria Redaelli, arcivescovo di Gorizia e presidente di Caritas italiana, aprendo il convegno a Roma su “Giustizia e speranza: la comunità cristiana tra carcere e territorio”. “Scontare una pena fuori dal carcere, ove possibile, è prima di tutto conveniente per la comunità: la recidiva diminuisce, i costi diminuiscono, le persone possono riprendere il corso di una vita regolare e diventano cittadini attivi”, ha ricordato monsignor Redaelli. “Uscire dal carcere il prima possibile significa limitare gli effetti negativi della detenzione e delle condizioni dei luoghi di reclusione sulle persone, sulle relazioni affettive – ha proseguito –. Spesso la reclusione favorisce lo sviluppo del senso di ingiustizia in chi è recluso, ma anche nei suoi familiari che subiscono a loro modo gravi conseguenze dalla detenzione. Essere fuori il prima possibile diminuisce questo senso di ingiustizia che rischia di alimentare ulteriori azioni negative”. Nel percorso di reinserimento, ha sottolineato, “il punto di forza e l’opportunità stanno nella comunità, che può restituire alle persone condannate la vera necessità di un impegno evidente per ricostruire legami e fiducia dopo il reato. E la stessa comunità può farsi prossima e accogliente in vari modi durante il percorso giudiziario”. Scegliere di operare nell’ambito della giustizia, come fanno tante Caritas e tanti volontari nei territori, oggi vuol dire dunque “scegliere di essere attenti ai bisogni della comunità e delle vittime”. “La comunità – ha puntualizzato – è chiamata a vivere un conversione, per passare dalla paura e dal sospetto all’attenzione e all’accompagnamento”. Il presidente della Caritas ha concluso ricordando che il Papa durante il Giubileo aprirà una Porta santa in un carcere, “un gesto simbolico per guardare all’avvenire con speranza”.

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