Carcere: Molteni (sociologo), “80 suicidi in 10 mesi. Il modello carcerario è un fallimento”

(foto: E.Lubatti/SIR)

“Solo dall’inizio del 2024, nelle carceri italiani un’ottantina di persone ha deciso di togliersi la vita. Senza contare un numero imprecisato di morti sospette e chi la fa finita una volta tornato in libertà. Gli ingressi e le uscite sono i momenti di maggior delicatezza”. Lo ha ricordato Andrea Molteni, sociologo della Caritas ambrosiana intervenuto questo pomeriggio a Roma nel convegno di Caritas italiana dal titolo “Giustizia e speranza: la comunità cristiana tra carcere e territorio”. Spesso si tratta di morti dimenticate, “alla pari delle vittime nel Mediterraneo, perché vengono spersonalizzate”, ha proseguito Molteni. “Dall’altra parte mi turba molto quando sento dire che per qualcuno il carcere è stato un bene. Mi preoccupa questa frase perché è terribilmente vera. Per alcune persone il carcere rappresenta una condizione migliore di vita rispetto a cosa aveva prima e a cosa lo aspetta poi”. Quale comunità e quale giustizia: sono queste le domande a cui rispondere. Secondo la riflessione di Molteni “la comunità richiama qualcosa di immediatamente positivo. Mentre la società è sì il luogo della liberta, ma anche dell’insidia. Quando vengono erose le garanzie dallo Stato, la comunità diviene un mito nostalgico, dal richiamo tribale. Nella storia ha generato il nazionalismo, dando forza alla logica del nemico che va allontanato e eliminato. Dentro la continua evoluzione odierna, l’antidoto è una comunità che tesse ripetutamente legami, si basa sulla conciliazione delle differenze e sul cosmopolitismo. Questa tessitura finisce col costruire capitale sociale, che, a sua volta, si trasforma in opportunità individuale e maggiore coesione sociale”.
“Le Caritas – ha proseguito – entrano in moltissimi istituti penitenziari. Dev’essere però chiaro che non lo fanno per garantire l’esecuzione delle pene, bensì per costruire le condizioni affinché le persone possano uscire dal carcere e non tornarci. Tutto questo ci spinge a immaginare una diversa idea di giustizia: sia come ‘giustizia di comunità’ che come restorative justice. Noi forse rappresentiamo l’1% che crede che il carcere non sia l’unica soluzione, rispetto al 99% che invoca invece maggiori pene e maggiori reati. L’obiettivo è trovare le formule per convincere la stragrande maggioranza. Il sistema carcerario è un discorso di successo. Nonostante il suo evidente fallimento, ha conquistato una grande egemonia culturale. Noi dobbiamo insistere nel proporre una differente cultura penale. È conveniente dal punto di vista pratico, in termini di sicurezza collettiva e personale”.

© Riproduzione Riservata

Quotidiano

Quotidiano - Italiano

Diocesi