La sicurezza “non è un tema che possiamo regalare agli sceriffi di turno”: lo ha affermato oggi a Roma il card. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, nel suo intervento al convegno “Giustizia e speranza: la comunità cristiana tra carcere e territorio” organizzato da Caritas italiana. “Non possiamo accettare l’ignoranza rispetto alla cultura giuridica italiana”, ad esempio quando si dice di chi commette reati: “che marcisca in carcere”. “Oggi dobbiamo fare esattamente il contrario – ha sottolineato –, ossia generare cultura e capacità di lettura e comprensione dei fenomeni”. Il giustizialismo, ha precisato, “è la cosa più offensiva e pericolosa per la giustizia”, e “il cattivismo rende ignoranti e inconsapevoli” e non assicura la sicurezza nei territori. Il card. Zuppi ha richiamato il ruolo della comunità cristiana nel mondo del carcere (dentro e fuori), invitando a “non funzionare per giustificazione”, ossia essere sostitutivi delle istituzioni tramite la presenza della Caritas, di volontari e progetti nelle carceri e per il reinserimento sociale dei detenuti nei territori. Secondo il presidente della Cei sono le misure alternative a garantire la vera sicurezza nei territori “ma dobbiamo spiegarlo meglio”: “Devono essere pene alternative nel senso vero del termine, ossia tendere alla rieducazione, alla rieducazione. Ma per questo c’è bisogno di strumenti e finanziamenti”. La giustizia riparativa, invece, restituisce dignità alle vittime e agli autori dei reati. “Dobbiamo però lavorare ancora molto per garantire condizioni dignitose nelle carceri”, ha detto. Per raggiungere l’obiettivo “recidiva zero”, ha osservato, “bisogna dare lavoro e non elemosine”. In questo senso ha messo in guardia contro il pericolo “dell’assistenzialismo”. Il card. Zuppi ha concluso invitando a dare attenzione anche alla polizia penitenziaria, “che ha bisogno di aiuto e vicinanza”.