“L’obiettivo è duplice: uno interno, per creare una rete tra le diverse chiese europee ed uno esterno, per essere insieme, come Chiese d’Europa, incidenti in materia anche legislativa di tutela di minori e adulti vulnerabili”. È Chiara Griffini, psicologa, presidente del Servizio nazionale Cei per la tutela dei minori, a tracciare le aspettative che la Chiesa italiana ha nella sua partecipazione in questi giorni alla Conferenza che si è aperta a Roma sulla “Tutela nella Chiesa cattolica in Europa”, promossa dalla Pontificia Commissione per la protezione dei minori. “Credo che la Chiesa – dice al Sir Griffini – possa fare davvero la differenza, non solo per quanto riguarda l’impegno preso a creare un ambiente sicuro al suo interno, che è sicuramente la cosa necessaria da fare perché è segno di una Chiesa che ha preso consapevolezza del dramma degli abusi, che l’ha devastata, che ha spezzato chiaramente la fiducia, ma credo anche che la Chiesa possa fare la sua parte per dire no ad ogni forma di violenza e faccia anche chiaramente le giuste pressioni, perché è in gioco la dignità dei minori, la dignità delle persone. Se ci pensiamo, è in gioco anche il nostro futuro, come cittadini e come credenti”. E a questo riguardo, “la Chiesa, per la sua esperienza, può diventare davvero una punta avanzata nel safe guarding rispetto a tutte le altre organizzazioni della società civile”.
La Chiesa italiana ha iniziato il suo percorso nel 2019, “quindi – osserva la rappresentante della Cei – è chiaramente e per certi aspetti all’inizio. In questi anni si è creata ormai una rete che è presente ed è diffusa in tutti i territori. Si tratterà di renderla sempre più efficace”. Griffini ricorda poi che la Conferenza episcopale italiana dal 2022 è invitato permanente all’Osservatorio grazie contrasto alla pedofilia alla pedopornografia presso il Ministero della Famiglia e delle Pari Opportunità. E conclude: “Sul safe guarding interno, la Chiesa deve recuperare assolutamente credibilità, prima di tutto nel rispetto di coloro che sono stati feriti e nella capacità di prendersi cura anche di chi ha abusato”.