In Italia una persona su 10 vive in condizione di povertà assoluta, una cifra record che non accenna a diminuire. Negli ultimi dieci anni l’aumento è stato ininterrotto, passando dal 6,9% della popolazione nel 2014 al 9,7% del 2023, pari a 5 milioni 694mila poveri assoluti (2 milioni e 217 mila famiglie, l’8,4% dei nuclei). Il dato sulla povertà minorile di 1 milione 295mila bambini poveri (il 13,8%) è ai massimi storici. Era il 13,4% nel 2022. La povertà è legata alla povertà educativa, si è cronicizzata ed è multidimensionale, ossia le persone hanno problemi diversi. È quanto emerge dal Rapporto su povertà ed esclusione sociale 2024 di Caritas italiana, intitolato “Fili d’erba nelle crepe”, presentato oggi a Roma. L’inaspettata notizia è che in questi dieci anni è raddoppiato il numero di famiglie povere residenti al Nord (+97,2%), passando da 506mila nuclei familiari a quasi un milione. Il dato nazionale è di +42,8%. Oggi in Italia il numero delle famiglie povere delle regioni del Nord supera quello di Sud e Isole complessivamente. Dal 2014 al 2023 il numero di famiglie povere residenti al Nord è praticamente raddoppiato (+97,2%); se si guarda al resto del Paese la crescita è stata molto più contenuta, +28,6% nelle aree del Centro e +12,1% in quelle del Mezzogiorno. L’incidenza percentuale continua a essere ancora più pronunciata nel Mezzogiorno (12% a fronte dell’8,9% del Nord), anche se la distanza appare molto assottigliata; nove anni fa la quota di poveri nelle aree del Meridione era più che doppia rispetto al Nord: 9,6% contro il 4,2%. La “povertà ereditaria” è un circolo vizioso che colpisce il 20% degli adulti europei tra i 25 e i 59 anni che, a 14 anni, vivevano in una situazione economica difficile. In Italia, il dato sale al 34%, segno di un’eredità che pesa sul futuro. Valori più alti si raggiungono solo in Romania e Bulgaria (Eurostat). Continua a crescere inoltre in modo preoccupante la povertà tra chi lavora. Complessivamente tocca l’8% degli occupati (era il 7,7% nel 2022) anche se tra dirigenti, quadri o impiegati scende al 2,8%, mentre sale al 16,5% tra operai o assimilati (era il 14,7% del 2022).