“È stato un anno di sofferenze inimmaginabili”: lo ha dichiarato oggi l’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (Ocha), ad un anno dal 7 ottobre, data in cui Hamas e altri gruppi armati palestinesi hanno lanciato l’attacco più letale della storia di Israele, un evento orribile che ha preannunciato la devastazione provocata dalla risposta israeliana. “Il bilancio è impressionante: secondo fonti israeliane, più di 1.200 israeliani e stranieri sono stati uccisi, compresi i bambini, e quasi 5.500 sono stati feriti. A Gaza rimangono molti ostaggi che, secondo quanto riferito, sono stati sottoposti a trattamenti inumani, tra cui violenze sessuali, esposti alle ostilità e a cui è stato negato l’accesso all’assistenza umanitaria o alle visite del Comitato internazionale della Croce Rossa. Intere comunità israeliane sono state sfollate e vivono sotto la costante minaccia del lancio indiscriminato di razzi”. A Gaza, “dove i palestinesi hanno già subito l’impatto di un blocco aereo, marittimo e terrestre durato 17 anni e di ripetuti cicli di ostilità, le operazioni militari israeliane hanno provocato una catastrofe. Secondo il ministero della Sanità di Gaza, sarebbero stati uccisi più di 41.600 palestinesi, molti dei quali donne e bambini, e 96.600 feriti. Altre migliaia di persone sono disperse e si ritiene siano intrappolate sotto le macerie. Quasi tutta la popolazione di Gaza è stata sfollata, molti di loro più volte, senza un posto sicuro dove andare. Migliaia di palestinesi sono detenuti arbitrariamente, secondo quanto riferito, sottoposti a torture e altri trattamenti inumani e non si hanno informazioni su dove si trovino”.
I civili – prosegue l’Ufficio dell’Onu – “devono affrontare privazioni estreme, con accesso limitato o nullo all’assistenza sanitaria, al cibo, all’elettricità o agli aiuti umanitari. I bambini hanno perso un intero anno di istruzione. Le scuole che ospitano le famiglie sfollate sono state ripetutamente bombardate, gli operatori sanitari e gli ospedali sono stati sistematicamente attaccati e i convogli di aiuti sono stati continuamente bloccati e persino colpiti”. Mentre in Cisgiordania, “l’uso della forza letale da parte delle forze israeliane, insieme alla violenza dilagante dei coloni e alla demolizione delle case, ha portato a un forte aumento delle vittime, a distruzioni diffuse e a sfollamenti forzati”. Più di 300 operatori umanitari, la maggior parte dei quali appartenenti all’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (Unrwa), sono stati uccisi a Gaza, più che in qualsiasi altra crisi, rendendo Gaza il luogo più pericoloso per gli operatori umanitari.
“Nessuna statistica o parola può rendere appieno l’entità della devastazione fisica, mentale e sociale che ha avuto luogo”, ha dichiarato Joyce Msuya, sottosegretario generale ad interim per gli Affari umanitari e coordinatore degli aiuti di emergenza. “Ma sappiamo cosa deve accadere: gli ostaggi devono essere rilasciati e trattati umanamente. I civili devono essere protetti e i loro bisogni essenziali devono essere soddisfatti. I palestinesi detenuti arbitrariamente devono essere rilasciati. Gli operatori umanitari devono essere salvaguardati e il loro lavoro deve essere facilitato. I responsabili devono essere chiamati a rispondere di ogni grave violazione del diritto internazionale umanitario. E l’assalto a Gaza deve cessare”.