Un vescovo e un imam che si abbracciano dopo esserci posti reciprocamente sulle spalle un telo termico: è questa l’immagine forte che si portano nel cuore i molti partecipanti alla veglia di preghiera “Ascoltiamo il silenzio”, che si è svolta venerdì sera, 4 ottobre, in Casa della carità a Treviso. Quel telo che spesso è il primo gesto di calore umano e di accoglienza per tante persone che arrivano stremate dai viaggi della speranza, per mare e per terra. È stato molto partecipato, nonostante il freddo e la pioggia, il tradizionale momento di preghiera che la Caritas tarvisina propone in ricordo di chi muore in mare e lungo le altre vie della migrazione: un’iniziativa che si tiene da 11 anni, in occasione dell’anniversario del tragico naufragio del 2013, a poche miglia da Lampedusa, nel quale morirono 368 persone e altre venti non furono mai ritrovate.
“Ci ritroviamo nel giorno di san Francesco in questa casa che vuole testimoniare accoglienza e incontro – ha sottolineato don Bruno Baratto, direttore della Caritas tarvisina – per una preghiera che quest’anno avrà una forza in più, perché accompagnata dall’intercessione di don Davide Schiavon, morto quasi un anno fa. Con noi ci sono il nostro vescovo, Michele Tomasi, il vicario generale, mons. Mauro Motterlini, e Sallahdine Mourchid, imam dell’associazione culturale islamica Attawasol di Montebelluna, a testimoniare la scelta di una reciproca accoglienza di incontro e di scambio, ricordando la scelta di san Francesco che in tempo di guerra e di ostilità scelse di andare ad incontrare disarmato il sultano Malik-al-Kamil, in Egitto, in pace e fratellanza”.
L’imam ha messo in luce l’importanza di incontrarsi ricordando “i valori di misericordia e compassione che ci uniscono tutti come esseri umani, indipendentemente dalla nostra fede ed etnia. La migrazione è parte dell’esperienza umana e Dio benedice gli sforzi di coloro che migrano in cerca di giustizia e sicurezza e ascolta il grido di coloro che soffrono e nel Corano si invita alla misericordia e alla solidarietà verso ogni essere umano”.
Il vescovo, commentando il brano della donna cananea che, con il suo grido, ottiene da Gesù la guarigione della figlia, ha ricordato che oggi molti vorrebbero che il grido dei migranti smettesse, perché dà fastidio, perché mette in difficoltà i sistemi economici e gli equilibri internazionali. “Ma noi vorremmo che questa voce, di tutti quelli che nel mondo si mettono in cammino, venisse sentita dai grandi e dai potenti, che potessero ascoltare quel grido e guardare quegli occhi. Ai fratelli e alle sorelle che sono morti – ha detto mons. Tomasi – vorrei dire che noi vorremmo cambiare, che la nostra fraternità è grande e che vi accogliamo, che vogliamo aprire le braccia, le case, le fabbriche, le parrocchie, le relazioni. Preghiamo con insistenza il Signore, diamo voce noi a quel grido di aiuto, perché possiamo accogliere e godere della fraternità con tutti”.
Al termine, il vescovo e l’imam hanno consegnato a tutti i partecipanti un pezzettino di telo termico e un’immagine di Maria, colei che ha accolto e avuto cura di Gesù: un impegno affidato a ciascuna e ciascuno di noi e a tutti noi insieme.