Nata nel secolo scorso come disciplina di ricerca, per cercare di capire come funzionasse il corpo umano, la medicina nucleare si è sviluppata per molti anni come disciplina prevalentemente diagnostica: in alcune malattie infatti la disfunzione di un organo o apparato precede le alterazioni anatomiche o strutturali rivelabili dall’imaging radiologico. “Già da questo si capisce – afferma Giordano, direttore della Uoc di Medicina nucleare della Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs e ordinario di Medicina nucleare alla Cattolica, al campus di Roma – come la medicina nucleare consenta in molti ambiti di fare diagnosi precoce, possibilmente prima che le terapie mediche possano essere inefficaci o gli interventi chirurgici controindicati”. Alla fine del secolo scorso c’è stato dunque un grande sviluppo dell’ambito diagnostico della medicina nucleare, con le scintigrafie e la Pet. “Dall’inizio di questo secolo invece – ricorda Giordano – assistiamo ad un grande sviluppo della medicina nucleare anche in ambito terapeutico”.
Il professore è l’organizzatore del convegno “Getting ready for the future of nuclear medicine in oncology”, che si svolge oggi al Policlinico Gemelli di Roma.
“Come tutte le nuove terapie – spiega – anche i radiofarmaci sono attualmente autorizzati solo per il trattamento delle fasi avanzate di alcuni tumori, in pazienti che non rispondono più alle altre terapie. Sono però in corso studi per valutarne l’efficacia in fasi sempre più precoci di progressione del tumore. Il loro profilo di sicurezza, rispetto ad altre terapie oncologiche, è favorevole anche perché la loro azione è molto selettiva. Un ciclo di queste terapie prevede 4-6 somministrazioni endovenose a distanza di 4-6 settimane una dall’altra”. In fase avanzata di sperimentazione sono i radiofarmaci per tumori del polmone, del cervello e ginecologici. Allo studio anche diverse strategie. “Un altro approccio che sfrutta il ‘nucleare intelligente’ – ricorda Giordano – è la somministrazione di un dispositivo a base di particelle metalliche contenenti fosforo radioattivo (32P) direttamente all’interno del tumore del pancreas, sotto guida ecografica attraverso lo stomaco. In questo caso non si tratta di un classico radiofarmaco, ma di una sorta di brachiterapia rivisitata che richiedere particolari manipolazioni nelle radiofarmacie delle medicine nucleari”.