Ieri al Senato un convegno sul tema “Dispersione scolastica: dai dati alle buone pratiche”, promosso dal senatore. Antonio De Poli. All’incontro una decina di espressioni associative del mondo della scuola. Fra queste la Fism, la Federazione italiana scuole materne -novemila realtà educative frequentate da quasi mezzo milione di bambini -, con il presidente Luca Iemmi, il vicepresidente Dario Cangialosi, il presidente della Fondazione Fism Mirco Cecchinato, la coordinatrice Elisabetta Bellomo e Angela Campolo, delegata della presidenza nazionale e ai temi della coesione sociale e contrasto alla povertà educativa. Nel corso degli interventi, è stata sottolineata l’importanza dei primi mille giorni di vita: “Quelli che – ha osservato Marco Rossi-Doria, presidente di Con i Bambini – fanno la differenza”. Paola Bortoletto di Andis – in rappresentanza dei docenti e dirigenti del Tavolo di confronto parlamentare delle associazioni professionali della scuola – ha ribadito che “il sistema educativo deve partire dal basso, dai piccolini”. Attenzione dunque anche al mondo zero-sei anni, un segmento – dai nidi alle scuole dell’infanzia – parte integrante nella realizzazione dei patti educativi di comunità. Tra i relatori la sottosegretaria al Ministero dell’Istruzione e del Merito Paola Frassinetti, che ha fornito dati aggiornati sul fenomeno e l’ impatto dei vari interventi governativi in materia, e Irene Manzi, coordinatrice dell’Intergruppo parlamentare sulle povertà educative, che ha invitato a “una cultura che tenga conto delle fragilità anche nel mondo della scuola”, da supportare anche con” la formazione e provvedimenti normativi”. Nel dibattito finale Iemmi ha sottolineato che investire nei nidi e nell’infanzia ha effetti positivi anche nei confronti dello Stato. “Abbiamo parlato della cura, della centralità della persona. Benissimo”, ha detto Iemmi. E ha continuato: “Però ci sono premi Nobel per l’economia – ad esempio James Heckman – che ci ricordano come investire nella qualità della scuola e nei nidi generi benefici. Non solo: permette crescita, adulti più autonomi, capaci di impegnarsi e relazionarsi. Investire in questo vuol dire, per lo Stato, avere un domani dei benefici che mostreranno ricadute persino sulle seconde generazioni. Si ipotizza che investire un euro possa rendere il 13% in più. Lo Stato, se investe, trae vantaggi, previene su danni futuri che hanno anche costi economici. E quindi bisognerebbe riuscire ad avere nidi gratis, e non solo nidi visto che si stanno riducendo i fondi sul tre-sei, mentre li mettiamo tutti sullo zero-tre”. E ha concluso: “Ci sono tanti investimenti del Pnrr sugli immobili, sull’edilizia scolastica per aumentare l’offerta, e quindi anche l’indice di frequenza ai nidi che in certe zone d’Italia è sotto il 10% contro il 30% previsto dai Trattati europei. Anche qui ci si deve muovere, non dimenticando che gli investimenti vanno fatti pure sul personale che fatichiamo a reclutare. Anche Cecchinato, delegato Fism al Tavolo della dispersione scolastica, ha rimarcato che pur mancando di obbligatorietà “la scuola dell’infanzia rappresenta il primo momento in cui le famiglie si possono confrontare con la scuola”, concordando con Iemmi sul fatto che” investire nell’educazione fin dai primi anni di vita rappresenta una strategia per far crescere i livelli culturali della popolazione e prevenire diverse forme di svantaggio sociale con benefici anche economici”.