Il Governo ha approvato, il 2 ottobre scorso, il nuovo decreto flussi che prevede 165.000 lavoratori stagionali e a tempo indeterminato, con un aumento di 10.000 quote per le collaboratrici familiari. Si tratta di numeri di lavoratori “insufficienti a fronte delle richieste dei diversi mondi lavorativi – industriale, agricolo, commerciale – che ne chiedevano tre volte il numero assegnato”, spiega oggi in una nota – pubblicata sul sito della Fondazione Migrantes – mons. Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio e presidente della Commissione Episcopale per le Migrazioni della Cei.
Per il presule, che è anche presidente della Fondazione Migrantes, “senza incontro tra domanda e offerta di lavoro sul territorio – e senza la possibilità di convertire un permesso di protezione speciale o una richiesta d’asilo in un permesso per il lavoro, prevedendo anche quote adeguate – crescerà nuovamente, di conseguenza, il lavoro irregolare. Parliamo, almeno secondo le stime, di 500.000 lavoratori, per i quali però ci dovrebbe essere più possibilità – teoricamente – di avere un permesso di soggiorno, se denunceranno i caporali e gli imprenditori che li sfruttano”. “È dimostrato, infatti – scrive mons. Perego – come il mondo dei richiedenti asilo siano impegnati in diversi comparti lavorativi, dall’agricoltura all’artigianato e ai servizi. Continuando a non far incontrare domanda e offerta di lavoro, con il sistema attuale dei flussi, perderemo ancora risorse importanti – nella misura di miliardi di euro – per la previdenza, l’assistenza e la salute di cui abbiamo un grande bisogno”.
Per l’arcivescovo “assisteremo ancora a numerose e crescenti morti di immigrati sul lavoro, perché non tutelati nella sicurezza e nella salute: già nei primi sette mesi dell’anno 2024 le morti sul lavoro sono cresciute complessivamente del 3,2%. Corollario del decreto flussi sono, infine – conclude – la possibilità da parte delle Forze dell’Ordine di controllare i cellulari dei migranti (‘dispositivi e supporti elettronici’) – si dice – a scopo dell’identificazione; e una stretta sulle misure di sicurezza per i mezzi di soccorso delle ONG, solo per giustificare i fermi amministrativi, che significa meno possibilità di soccorso in mare dei migranti in fuga. In altre parole: il decreto flussi genera più insicurezza in terra e in mare per i migranti, ma anche per tutti noi”.