La caricatura di un’antica tradizione culturale per rimuovere dalla coscienza delle persone la consapevolezza della propria mortalità. Così l’antropologo Mario Pollo definisce in un’intervista al Sir l’odierna festa di Halloween, ridotta a tutti gli effetti ad “una fiera del consumismo” in una società che, paradossalmente, da un lato rimuove la morte, dall’altro ne dà quotidianamente una iper-rappresentazione mediatica.
Dopo avere ricordato che Halloween “affonda le proprie radici nel mito e nel rito con il quale il 31 ottobre gli antichi celti celebravano Samhain, il loro Capodanno”, che “rassicurava le persone sulla loro sopravvivenza dopo la morte”, Pollo spiega: “Non è perciò casuale che questo antico mito abbia favorito l’innesto, nella stessa data, della festa cristiana di Ognissanti e di quella, il giorno successivo, dei Defunti”. Ma oggi, osserva, l’odierna celebrazione di Halloween, “a tutti gli effetti una fiera del consumismo”, non ha “nulla a che vedere con questa antica tradizione culturale. Anzi, ne ha rimosso i riti oppure li ha ridotti a una sorta di caricatura”, un ulteriore modo di “rimuovere dalla coscienza delle persone la consapevolezza della loro mortalità”. Eppure, avverte l’antropologo, “essere consapevoli della propria mortalità è necessario alla piena maturazione dell’umano e, quindi, allo sviluppo di una fede matura”. Quindi, anziché propinare alle nuove generazioni vuoti simulacri di tenebre, per Pollo dovremmo aiutarle a “scoprire che quelle che le hanno precedute, in particolare quelle con le quali hanno condiviso una parte del loro cammino esistenziale, sono presenti nella loro vita attraverso il patrimonio collettivo di sapere, di savoir faire, di valori, di fede e di modelli di vita, presenti nella cultura in cui sono nati e stanno crescendo”, e che “le persone morte a noi care ci sono spiritualmente accanto e che nel giorno, sperabilmente il più lontano possibile, in cui varcheremo il confine della morte saranno lì ad accoglierci con amore”.