Esce giovedì 31 ottobre il numero di novembre di Donne Chiesa Mondo, il mensile femminile de L’Osservatore Romano curato da Rita Pinci. Nel mese in cui cade la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, la rivista indaga le ragioni della carenza in ambito cristiano di un pensiero specifico e approfondito sulla violenza di genere. E anche di una certa resistenza ad affrontare apertamente, non solo da un punto di vista teologico ma anche sociale, il tema. In copertina Rebecca Cheptegei, maratoneta ugandese, morta in Kenya a pochi giorni dal suo ritorno dalle Olimpiadi di Parigi, uccisa dal suo compagno che l’ha cosparsa di benzina e data alle fiamme mentre tornava a casa dalla messa.
Papa Francesco, sottolinea il giornale, ha dichiarato che la piaga della violenza contro le donne ha “radici profonde che sono anche culturali e mentali e che crescono nel terreno del pregiudizio, del possesso e dell’ingiustizia”. E certamente la Chiesa, come istituzione, è in prima linea nell’offrire aiuto concreto alle vittime, attraverso opere di carità, accoglienza e ascolto. Ma la presa di coscienza ecclesiale, fa notare Lucia Vantini, presidente del Coordinamento teologhe italiane, resta ancora debole e comunque “non possiamo pensare di guarire la violenza contro le donne senza toccare la questione del potere nella Chiesa, della sua forma narrativa e del suo esercizio pratico”. Marta Rodriguez, direttrice dell’Istituto di studi superiori sulla donna e membro del Comitato di direzione di Donne Chiesa Mondo, sostiene che la debolezza del pensiero cristiano sulla violenza di genere è un problema. Se si vuole allargare l’orizzonte e fare la differenza, la condanna morale non basta più, deve essere accompagnata da una riflessione teologica e pastorale altrettanto incisiva e sistematica.
La rivista pubblica anche un monologo della scrittrice Rosella Postorino che firma il libretto di una composizione sinfonica in cui dà voce in teatro a quattro donne bibliche vittime di violenza dei maschi. Infine la riflessione della poetessa e drammaturga Maria Grazia Calandrone, che nel suo ultimo romanzo “Magnifico e tremendo stava l’amore”, ha rielaborato un caso di cronaca nera finito con una sentenza rivoluzionaria: una donna, che ha ucciso il marito, assolta perché i giudici non hanno considerato solo l’omicidio ma i venti anni di soprusi che l’hanno preceduto.