Giustizia: Busto Arsizio, icona di Livatino in Tribunale. Il cugino Insenga, “martire dello Stato e della Chiesa”

(Foto SIR)

(Busto Arsizio) “Rosario non ha mai usato il termine ‘antimafia’, diceva piuttosto di essere pro-giustizia”. Salvatore Insenga, cugino di Rosario Livatino (1952-1990), ha portato la sua testimonianza durante la cerimonia svoltasi oggi al Tribunale di Busto Arsizio, durante la quale l’arcivescovo di Milano Mario Delpini ha benedetto una icona del giudice vittima della mafia.

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“Non mi è mai piaciuta l’espressione ‘giudice ragazzino’ – ha osservato Insenga – perché quando Rosario è stato ucciso aveva 38 anni. Era un uomo, cosciente della realtà che stava affrontando. Uno dei mandanti del suo omicidio abitava nel suo stesso edificio. Ma Rosario ha fatto il suo dovere. Io penso che Rosario si debba considerare martire due volte: martire dello Stato, come Falcone e Borsellino e tante altre vittime della criminalità organizzata; ma anche martire della Chiesa. Della Chiesa universale, perché possa essere d’esempio in tutti quei luoghi del mondo dove la giustizia fatica a imporsi. Capace di portare speranza, perché la giustizia possa affermarsi ovunque”.

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