“La pace manca quando c’è la guerra, che è quanto di più disumano si possa concepire, ma anche quando si vive nelle tante periferie geografiche ed esistenziali dove si fanno i conti con le diverse dimensioni della povertà, quella economica, educativa, relazionale e sanitaria. Per questo, avere il coraggio della pace significa assumersi la corresponsabilità di essere coraggiosi artigiani di pace quotidiana, alzandosi in difesa dei più deboli ed educando alla pace per costruire insieme ponti e trasformare le ferite in feritoie di luce e di speranza”. Lo ha affermato ieri Lidia Borzì, presidente delle Acli di Roma, aprendo presso la Sala della Protomoteca del Campidoglio, il convegno “Il coraggio della pace. Dalla Capitale una luce di speranza”, promosso dalle Acli di Roma e provincia come evento di apertura del 27° Congresso provinciale. La scelta simbolica del Campidoglio è stata fatte per lanciare dal luogo più simbolico della Capitale, anche in vista del Giubileo, il forte grido che la pace deve riguardare tanto i teatri di guerra in tutto il mondo, quanto le nostre città e i nostri luoghi di vita quotidiani. Al convegno hanno portato i saluti istituzionali: Roberto Gualtieri, sindaco di Roma Capitale, mons. Baldassare Reina, vicario generale della diocesi di Roma, e Massimiliano Maselli, assessore Servizi sociali, disabilità, terzo settore e servizi alla persona della Regione Lazio.
“Così come non c’è pace nei tanti teatri di guerra del mondo – ha aggiunto Borzì – allo stesso modo non c’è pace anche nelle periferie geografiche ed esistenziali delle nostre città, dove non è garantita la dignità, quando la maternità diventa un lusso, quando i bambini e gli anziani restano ai margini, quando la flessibilità fa rima con precarietà, quando viene a mancare un lavoro dignitoso e stabile. Avere il coraggio della pace significa assumere la consapevolezza di dire senza, se e senza ma, che i conflitti non si risolvono con le armi, ma con la diplomazia, il perdono e la giustizia, e che se è vero che la pace è in mano ai grandi e ai potenti della terra, è vero anche che le persone, se prendono coscienza che il tema riguarda tutti noi e che la pace va difesa in ogni luogo e in ogni momento, possono diventare una valanga dirompente”.
“La pace – ha detto il sindaco Gualtieri – può essere una risposta alla brutalità della guerra, ma anche un presupposto essenziale della tutela della dignità umana che passa attraverso lavoro buono e coesione sociale. Lavoriamo in questa direzione con le forze sociali della città”. “È dal nostro cuore – ha sottolineato mons. Reina – che parte la sfida per la pace. Il cambiamento di paradigma deve partire da noi, da un atto fondamentale: il perdono. Gesù ci chiama a mettere il doppio di amore quando qualcuno ci ferisce”.