Papa Francesco: discorso finale al Sinodo, “quanto male fanno e donne e gli uomini di Chiesa quando erigono muri”, “la rigidità è un peccato”

“Il documento che abbiamo preso con il nostro voto è un triplice dono: ero consapevole di aver bisogno di voi, come testimoni del cammino sinodale”. Lo ha detto il Papa, nel discorso a conclusione del Sinodo dei vescovi sulla sinodalità, in Aula Paolo VI. “Anche il vescovo di Roma ha bisogno di praticare l’ascolto, anzi vuole praticare l’ascolto”, ha assicurato Francesco: “Il mio compito è di custodire e promuovere l’ armonia che il Signore continua a diffondere nella Chiesa di Dio”. “Tutti, tutti, tutti, nessuno fuori”, ha rimarcato il Papa: “E la parola chiave è questa, l’armonia. Quello che fa lo Spirito Santo la mattina di Pentecoste è armonizzare tutte le credenze, tutte le lingue. Armonia. E’ questo che il Concilio ci insegna quando dice che la Chiesa è sacramento, segno e strumento, attesa di Dio che ha già apparecchiato la mensa e attende. E a noi è dato di amplificare la voce di questo sussurro, senza ostacolarlo”. “Aprire le porte, senza erigere muri”, la raccomandazione del Papa: “Quanto male fanno le donne e gli uomini di Chiesa quando erigono muri. Tutti, tutti, tutti”. “Abbiamo cominciato chiedendo perdono, chiedendo misericordia, riconoscendo che siamo tutti dei misericordiati”, ha ricordato Francesco a proposito dell’inizio del cammino sinodale. Poi la citazione di Madeleine De Brel, “mistica delle periferie”, che “esortava soprattutto a non essere rigidi. La rigidità è un peccato che tante volte entra nei chierici, nei consacrati, nelle consacrate”.

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