Alla fine i centri in Albania per migranti provenienti da Paesi sicuri sono stati aperti, “al di là della questione sulla legittimità o meno della loro realizzazione, al di là della definizione di Paese sicuro la cui interpretazione per l’Italia è messa in discussione dalla Corte di Giustizia Europea, al di là dell’enorme spreco di soldi, l’importante appunto è che siano al di là”. Lo sottolinea p. Camilo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, nella newsletter periodica dell’organismo dei gesuiti. “Oltre quel confine; basta che alla fine – aggiunge – ci legittimi a non occuparci troppo approfonditamente di queste persone che si mettono in viaggio per una vita migliore, non importa sia essa determinata dalla violenza o da un’ingiustizia economica. È proprio quell’al di là, ricercato in maniera affannosa, che sembra aver creato – attraverso un artificio legale – un spazio che non ci obbliga a preoccuparci delle sorti di persone, una volta dimostrato (sic!) che non possono entrare nel nostro Paese”. Questa apertura – conclude – è “in realtà una vera e propria chiusura del senso di umanità, perché si è superato un limite: quello che torna a legittimare la “deportabilità” (deportability) di esseri umani in modo discrezionale. Occorre fermarsi prima che non sia più possibile tornare indietro: se non ora quando!”.