“Insieme a Cristo, sulle rovine che noi lasciamo in questo mondo con il nostro peccato, siamo chiamati a costruire una nuova civiltà dell’amore”. Così il Papa, nella sua quarta enciclica, “Dilexit nos”, spiega il senso della “riparazione”, centrale nel culto al Sacro Cuore di Gesù. “In mezzo al disastro lasciato dal male, il Cuore di Cristo ha voluto avere bisogno della nostra collaborazione per ricostruire il bene e la bellezza”: “ogni peccato danneggia la Chiesa e la società”, spiega Francesco a proposito del “peccato sociale”, che vale soprattutto “per alcuni peccati che costituiscono, per il loro oggetto stesso, un’aggressione diretta al prossimo”. La ripetizione di tali peccati, come ha spiegato San Giovanni Paolo II , “finisce molte volte per consolidare una struttura di peccato che influisce sullo sviluppo dei popoli” e fa parte di “una mentalità dominante che considera normale o razionale quello che in realtà è solo egoismo e indifferenza”. “È alienata la società che, nelle sue forme di organizzazione sociale, di produzione e di consumo, rende più difficile la realizzazione di questo dono ed il costituirsi di questa solidarietà interumana”, la traduzione di “alienazione sociale” secondo il papa polacco: di qui la necessità di “riparare” tali “strutture sociali alienate”. “La riparazione cristiana non può essere intesa solo come un insieme di opere esteriori”, puntualizza Francesco: significa “riparare i cuori feriti”, ”riconoscersi colpevoli e chiedere perdono”. “È smettere di mentire a sé stessi, è riconoscere la propria storia così com’è, segnata dal peccato, soprattutto quando abbiamo fatto del male ai nostri fratelli”.