Arabia Saudita: Amnesty denuncia lo sfruttamento dei lavoratori migranti della Carrefour

Lavoratori migranti impiegati in strutture dell’Arabia Saudita in franchising col gigante francese delle vendite al dettaglio Carrefour sono stati ingannati dagli agenti di reclutamento, sono stati obbligati a svolgere turni eccessivi di lavoro, si sono visti negare giorni di riposo e trattenere gli stipendi e sono stati costretti a vivere in alloggi squallidi col costante timore di essere licenziati se avessero protestato o avessero rifiutato di fare gli straordinari. È quanto ha denunciato Amnesty international in un nuovo rapporto sullo sfruttamento del lavoro migrante in Arabia Saudita. “Il trattamento subito da alcuni dei lavoratori costituisce probabilmente lavoro forzato e comprende anche il traffico di esseri umani a scopo di sfruttamento del lavoro. Eppure, né il Gruppo Carrefour né il suo partner Majid Al Futtaim, che opera in franchising in Arabia Saudita, hanno preso provvedimenti per interrompere tali pratiche od offrire risarcimenti”, spiega Amnesty.
La ricerca di Amnesty International fa seguito a un rapporto del 2023 sullo sfruttamento del lavoro migrante nelle strutture di Amazon in Arabia Saudita – un rapporto che chiamava in causa una stessa agenzia di collocamento – “a seguito del quale Amazon ha versato oltre 1,9 milioni di dollari per rimborsare le spese di reclutamento sostenute da oltre 700 lavoratori. Quella attuale si è basata su interviste e informazioni fornite da 17 uomini provenienti da Nepal, India e Pakistan. Dal 2021 al 2024 hanno lavorato in strutture della Carrefour di Riad, Gedda e Dammam. Quasi tutti erano stati assoldati da agenzie di collocamento e contrattualizzati dalla Majid Al Futtaim. Per assicurarsi il posto di lavoro, i 17 uomini hanno versato agli agenti negli Stati di origine una media di 1200 dollari, spesso ricorrendo a prestiti ad alto interesse, nonostante tali prassi siano state messe fuorilegge in Arabia Saudita e vietate dalle stesse politiche della Majid Al Futtaim”.
Una volta giunti in Arabia Saudita, “gli uomini si sono trovati a svolgere lavori usuranti, regolarmente sottopagati. Hanno dovuto camminare ogni giorno per oltre 20 chilometri e lavorare 60 ore alla settimana, in alcuni casi fino a 16 ore al giorno, specialmente nei periodi di boom commerciale, come ad esempio le settimane degli sconti o il mese di Ramadan. In violazione sia delle leggi saudite che delle regole della Majid Al Futtaim, si sono visti cancellare dai manager dei supermercati e dei magazzini i giorni di riposo”. Gli alloggi forniti ai lavoratori erano spesso sporchi e sovraffollati, contrariamente a quanto prevedono le politiche di Majid Al Futtaim: i lavoratori dormivano in sei-otto in una stanza, descritta da uno di loro come “una stalla per le mucche”.
I lavoratori hanno descritto un clima di paura. Chi ha osato protestare con i manager della Carrefour è stato ignorato o si è sentito ribattere che avrebbe dovuto rivolgersi all’agenzia di collocamento. Alcuni hanno subito rappresaglie dalle agenzie o direttamente dai manager della Carrefour, altri sono rimasti a subire in silenzio. La Majid Al Futtaim ha replicato ad Amnesty che sono vietate azioni di rappresaglia nei confronti di chi presenta un “reclamo in buona fede”, ma i lavoratori hanno denunciato che, se si opponevano agli straordinari, venivano minacciati di essere licenziati o di non essere pagati.

 

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