Immigrazione: Ragusa (Mcl), “rivedere Decreto Cutro per titolari di protezione speciale per evitare lavoro illegale e sfruttamento”

“A fronte dell’aumento del tasso di occupazione dei lavoratori non-Ue, come evidenziato dai dati presentati oggi da Caritas e Migrantes, aumentano anche i casi di sfruttamento illegale del lavoro e soprattutto in ambito agricolo quello del caporalato. Per questo crediamo opportuno che venga avviata una revisione del ‘Decreto Cutro’ e favorita una maggiore tutela dei diritti ad esempio delle persone titolari di protezione speciale per evitare il triste fenomeno del lavoro illegale e dello sfruttamento”. È quanto dichiara Paolo Ragusa, presidente nazionale dell’Associazione Lavoratori stranieri di Mcl (Movimento cristiano lavoratori) in merito ai dati del XXXII Rapporto Immigrazione 2024 di Caritas e Migrantes presentato oggi a Roma. “Allo stato dell’arte, infatti – prosegue Ragusa –, il decreto Cutro spinge alcune categorie di migranti verso il rischio di clandestinità. È il caso dei titolari di protezione speciale, per i quali andrebbe ripristinato il diritto alla conversione del permesso di soggiorno a quello per motivi di lavoro. Serve, inoltre, riconoscere un permesso di soggiorno per ricerca di lavoro a coloro che, giunti in Italia, non trovano più l’impresa che si era impegnata ad assumerli. Ai lavoratori stranieri va riconosciuto il diritto di aprire un conto corrente già al primo ingresso, in attesa del rilascio del permesso di soggiorno per lavoro stagionale, mentre le aziende devono poter usare sistemi tracciabili per pagare i dovuti emolumenti”. “Preoccupa anche il fatto – aggiunge Ragusa – che spesso il lavoratore migrante viene inquadrato come non qualificato. Per questo crediamo utile non solo facilitare l’ingresso dei lavoratori, ma anche quello di offrire un percorso formativo che sia serio e duraturo. In tale contesto, le donne poi hanno la necessità di essere supportate perché con gli uomini che lavorano sono loro a dover sostenere il peso della famiglia anche qui in Italia”. “Il lavoro povero – conclude Ragusa – è l’anticamera dello sfruttamento e del caporalato. Su questo occorre fare rete per offrire a chi viene a lavorare nel nostro Paese un compenso adeguato ed una vera formazione professionale, ma anche, per chi ha necessità, la possibilità di accedere con maggiore facilità alle misure statali per il contrasto alle povertà”.

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