“Sono passati 30 anni dal genocidio, ma è come se fosse successo ieri”. Nel briefing odierno in sala stampa vaticana sul Sinodo sulla sinodalità, in corso in Vaticano fino al 27 ottobre, mons. Edouard Sinayobye, vescovo di Cyangugu, ha raccontato la sua esperienza in Rwanda. “Le conseguenze del genocidio sono tante, ci sono tante ferite – ha riferito ai giornalisti – ma stiamo lavorando per cercare di guarire le persone, di accompagnare sia le vittime he i carnefici”. “Comunione e riconciliazione sono per noi parole importanti”, ha testimoniato: “il compito speciale di noi vescovi è quello di coordinare le attività del processo sinodale in tutte le diocesi”. quella in atto in Rwanda, ha spiegato il vescovo, “è una pastorale dell’unità e4 ella riconciliazione: un processo di guarigione, di rinascita, di risurrezione dopo la tragedia del genocidio. Il Sinodo è un’opportunità per rafforzare l’unità e la riconciliazione nel nostro Paese: è un insegnamento che i dà i fondamenti biblici e teologici per capire che siamo una sola cosa. Stiamo imparando ad essere fratelli e sorelle, ad entrare nella logica della fraternità. Non è facile parlare di riconciliazione in un Paese che ha vissuto una tale tragedia. Il Sinodo ci ha molto aiutato, anche grazie alla missione dei laici”. Da una domanda dei giornalisti sul diaconato femminile, mons. Sinayobye ha risposto: “In Africa non abbiamo il servizio del diaconato permanente, se non come tappa verso il sacerdozio. Io sono in comunione totale con gli altri vescovi e con il Santo Padre: se il Papa dicesse che il diaconato femminile è una possibilità, non avrei nessun problema a seguirlo. Sono a servizio della Chiesa: non è una questione di sentimenti, noi vescovi siamo i custodi della fede. La nostra sensibilità personale non viene prima della fede”.