“Assicurare e rilanciare il valore del calcio e dello sport come momento di dialogo e di pace tra le persone e tra i popoli”: è questo lo spirito dell’incontro che si terrà a Rondine Cittadella della Pace (Arezzo), lunedì 28 ottobre, che vedrà partecipare tutti gli aderenti all’appello lanciato lo scorso 9 ottobre dall’associazione Rondine in occasione della partita di calcio della Nazionale italiana, in programma stasera a Udine, contro quella israeliana. A Rondine, coloro che hanno raccolto l’appello – tra questi il ministro dello Sport, Andrea Abodi; il presidente della Federcalcio, Gabriele Gravina; il presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga; il sindaco di Udine, Alberto Felice De Toni; l’arcivescovo di Udine, mons. Riccardo Lamba; Noemi di Segni, presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane; Yassine Lafram, presidente dell’Unione delle Comunità islamiche in Italia, e Roberto Pinton, rettore dell’Università di Udine, organizzeranno una importante iniziativa, articolata sia a livello locale che nazionale, con cui si rafforzerà visibilmente l’intimo legame tra il valore dello sport e la pace. In questo modo si concretizzerà quanto già contenuto nella lettera “Avversari sì, nemici mai” che ribadiva l’obiettivo di proteggere “gli ‘spazi terzi’ come lo sport per tenere viva la possibilità del dialogo tra i popoli” e di garantire “spazi sicuri dove la diversità possa continuare a coesistere nel riconoscimento dell’esistenza dell’altro, seppur nella divergenza di posizioni e visioni. “Rondine – si legge nella lettera – semplicemente non può che essere la naturale alleata dello sport, il luogo dove si vive – e si gioca! – come avversari, mai come nemici. Rondine infatti è un luogo e un’esperienza viva che ogni giorno è equamente coinvolta con le vittime delle guerre – i giovani – che sono ospitate e aiutate a ospitarsi, per uscire dall’avvelenamento causato dall’idea di ‘nemico’. Tutte le persone e le istituzioni che promuovono sinceramente la pace vogliono proteggere gli ‘spazi terzi’. Questi luoghi, soprattutto nei momenti di maggiore tensione e durante i conflitti, devono rimanere uno spazio sicuro dove la diversità possa continuare a coesistere nel riconoscimento dell’esistenza dell’altro, seppur nella divergenza di posizioni e visioni, tenendo viva la possibilità del dialogo tra i popoli”.